Tutto un altro mondo, tutta un’altra mentalità, tutto un altro calcio. La stessa passione, ripagata dalla meritocrazia. Riccardo Brugnoni, classe 1999, professione portiere, è volato in Svezia quando il mondo del pallone è piombato nell’incubo della pandemia. Nella terra dei laghi e dei fiordi, però, i campionati non si sono mai fermati e Alex Clapham (già negli staff, tra le altre, di Manchester City, Southampton e Genoa e oggi collaboratore al Borussia Dortmund), suo amico, lo ha spinto a salire sull’aereo. Scelta azzeccata: oggi Brugnoni indossa con orgoglio la maglia del Skellefteå, squadra della Division 2 Norrland (Serie C italiana). Un viaggio all’inverso, insomma, di quello compiuto da Jonas Bodin, Fredrik Dahlin e Patrick Englund e gli altri soci nord europei oggi proprietari della Robur. La carriera dell’estremo difensore, perugino di nascita e di fede (ha iniziato nelle giovanili del Grifone e, quando torna a casa, la tappa al Curi è fissa) è infatti passata anche da Siena, anzi, da Siena, si può dire, è decollata: ha difeso la porta dei Giovanissimi nazionali, nelle stagioni 2011/12 e 2012/13, vincendo il titolo di miglior portiere in entrambi i campionati; gli osservatori dell’Inter non se lo sono fatti sfuggire. Da Milano il suo cammino ha registrato diversi step, da Terni a Vibo Valentia (in cui ha vinto la D), da Gozzano a Trestina, passando per Friburgo. Poi, appunto, Skellefteå. "La Svezia è anni luce avanti all’Italia – ci racconta Brugnoni –: le strutture sono all’avanguardia, gli impianti sono nuovi, con le tribune a ridosso del campo e anche la qualità della vita è top. Il calcio è molto fisico; io sono 1,87 ed è l’altezza minima… Otto palle inattive su 10 sono gol: l’anno scorso abbiamo realizzato il 52 per cento delle marcature su calci piazzati". Non sente, Brugnoni, la mancanza del suo Paese. "Ma no – spiega – anche perché qua il calcio ti permette pure di lavorare: sono laureato in Scienze motorie e sportive e la mattina, grazie a quelli che chiamano ‘Progetti Sport’, insegno nelle scuole".
Eppure… "Se dovesse arrivarmi una chiamata da una piazza come il Siena o come il Perugia, beh, ci penserei – sorride –… Ma non in Serie D. Con l’obbligo delle quote sarebbe impossibile. L’ho vissuto, all’inverso, alla Vibonese: c’era Mengoni, ma giocavo io, ero anche bravo, ma non al suo livello, fosse solo per l’esperienza". I ricordi in bianconero sono ancora vividi. "Ero raccattapalle in Siena-Milan e in campo c’era Ibrahimovic… Oggi è impensabile vedere la Robur giocare in campi di periferia. Purtroppo ha avuto la sfortuna di incappare sempre in proprietà poco affidabili. In Serie D una piazza come quella bianconera non c’entra niente. Quest’anno sarà dura risalire, il Livorno è lanciato, ma nel giro di qualche anno accadrà". "Conosco Magrini – aggiunge –, ho giocato anche con suo figlio a Magione. E’ un tecnico che non ha paura di vincere". "Quelle svedesi – spiega Brugnoni –, dal punto di vista economico, sono proprietà solide. E propongono progetti validi, rimangono sempre con i piedi piantati in terra".
Angela Gorellini