Siena, 11 febbraio 2022 - "Non ho preso il telefono di David Rossi, sono certo di non aver risposto alla chiamata dell’onorevole Daniela Santanché". E ancora: "Squillò per un po’ e poi smise. I tabulati di tre compagnie attestano che quella è una telefonata rimasta senza risposta". Il pm Antonino Nastasi, che insieme ai colleghi Aldo Natalini e Nicola Marini indagò sulla morte del manager di Banca Mps volato giù dalla finestra il 6 marzo 2013, smonta le rivelazioni del colonnello Pasquale Aglieco, ex comandante provinciale dell’Arma, sul sopralluogo dei pm nella stanza di Rossi la sera della tragedia. "Perché ha fatto certe affermazioni? Chiedetelo a lui", ribatte alla commissione parlamentare d’inchiesta il pm che, ora a Firenze, ha indagato sulla Fondazione Open. Non ha querelato Aglieco, spiega, ma "una volta finito tutto questo valuterò se e quando procedere nei confronti di chiunque abbia violato o infanganto la mia onorabilità. La toga per me è una cosa sacra".
Parla di audizione "da record" per la sua lunghezza Pierantonio Zanettin, il presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte di David Rossi, ex capo della comunicazione di Mps deceduto il 6 marzo 2013 a Siena dopo essere precipitato dalla finestra del suo ufficio di Rocca Salimbeni, sede centrale della banca. Sette ore (compresa una breve parte secretata), dalle 12,30 alle 19.30, non sono però bastate ieri per esaurire i tanti quesiti. Il vice presidente Luca Migliorino ha chiesto che il pm Nastasi torni a Roma per altri chiarimenti. "Tutto lasciava intendere che si trattava di un suicidio", svela il pm ricordando che fu lui ad avvertire il collega di turno Nicola Marini dell’accaduto, ricostruendo il contesto in cui maturò la morte del manager. "Iscrivere a omicidio volontario sarebbe stato singolare", argomenta. La stanza era intonsa, nessuna traccia di un’azione violenta posta in essere da terzi, i segni di autolesionismo sul corpo, nessuna minaccia nei confronti di Rossi che non era indagato e il cui telefono non è mai stato messo sotto controllo dalla procura di Siena, svela. E ancora: i bigliettini di addio alla famiglia nel cestino. Chiarisce: "erano in cima e vennero presi dal maresciallo Marcello Cardiello, messi sul tavolo e ricomposti perché strappati, mi sembra di ricordare. Non avevamo fogli di plastica trasparente, furono posti in una sorta di catalogo per tutelarli. Io non li toccai".
Né, come invece affermato dal colonnello Aglieco, si mise a sedere sulla poltrona del manager, prosegue Nastasi negando l’inquinamento probatorio. Non sa chi chiuse la finestra. Il pm non ricorda di essersi affacciato nel vicolo, poi gli viene mostrata una foto e dice: "Sì, sono io". Quanto al Aglieco "non ricordo dell’ingresso nella stanza di Rossi, lo colloco nel corridoio". "Ci fu detto che era già stato girato un video dei luoghi, se non fosse stato così non saremmo entrati", rivendica. Gli atti sono il faro della ricostruzione di quel 6 marzo già condensata nella relazione consegnata dal magistrato al procuratore generale il 15 dicembre scorso e da ieri nelle mani della commissione. Nastasi si toglie poi un sassolino dalla scarpa: "Leggo da anni che c’è stata la volontà di insabbiare, è una vergognosa falsità".
Sgombra il campo anche sul troncone dei presunti festini: "Ho letto negli atti della procura di Genova dove risulta che Matteo Bonaccorsi (l’escort, ndr) non mi ha riconosciuto nelle foto da lui mostrate da Carolina Orlandi (la figlia della moglie di Rossi, ndr). Non vi partecipavo, non ho alcuna contezza della loro esistenza", chiude la questione Nastasi. I pm, tornando al suicidio, si interrogarono sulla ragione del gesto del manager collegando alla fuga di notizie dal cda per le vicende di Nomura e di Deutsche Bank, ipotesi poi non provata.