Siena, 1 novembre 2024 – “Paura? Sempre. Ma scelgo di non ascoltarla”. “Timore di morire? Su questo ho lavorato tantissimo con la psicologa ma resta appiccicato addosso. A salvarmi è stato il pensiero dei figli, il trauma lo porterò dietro per sempre”, aggiunge la donna. Occhi penetranti, che leggono dentro. E trasmettono dolore unito alla forza di ribellarsi “perché – dice la 41enne senese – credo che ci siano battaglie da combattere semplicemente in quanto giuste”. Ha infatti denunciato il marito per maltrattamenti e lesioni. Per l’inferno in terra. Botte, offese e minacce, anche ai figli della donna, entrambi minorenni. Perché nel novembre scorso, mentre erano in vacanza nelle Marche: la furia dell’uomo, l’aveva afferrata per i capelli, tirandole via gli indumenti, facendola restare solo con quelli intimi.
Ha raccontato che l’ha costretta ad uscire di casa in slip e canottiera.
“Mi trascinò fuori tirandomi per i capelli, facendomi camminare davanti a lui all’esterno dell’appartamento”.
Umiliata al punto da spingerla sulla cuccia del cane, è vero?
“Sì, dicendomi di mettermi a quattro zampe. E’ tutto nella denuncia”.
L’ha afferrata per il collo in altre occasioni, schiaffeggiata e presa a calci, questa l’accusa. Un crescendo di comportamenti da far tremare i polsi. Ma lei ha reagito ed è fuggita.
“Credo che ci siano delle guerre che vanno fatte solo e semplicemente perché è giusto. Credo nel coraggio e nella dignità anche se ero rimasta senza lavoro e senza casa, essendo dovuta fuggire”
Formalmente siete ancora sposati?
“Sì, perché non ha firmato la separazione. L’avvocato Manfredi Biotti ha lavorato tanto per ridarmi la libertà, a livello psicologico pesa ancora molto essere in qualche modo legata a lui”.
L’uomo non era presente in tribunale all’udienza davanti al gup. A lei che effetto ha fatto trovarsi in aula?
“Un obiettivo. Grida la fame di giustizia, dopo un periodo molto difficile. Ho provato una solitudine devastante. Anche istituzionale. Io e i miei figli non siamo stati ascoltati. Ho provato a chiamare, a cercare soluzioni. Rifiutavano addirittura le telefonate. Eppure lavoravo in un esercizio pubblico del paese dove vivevo. Sono stata lasciata in balia degli eventi, se non fosse stato per la famiglia. Avevo paura anche per i figli che, per fortuna, non sono i suoi. Non solo una donna deve lottare per cercare di salvare un briciolo di quello che ha costruito ma c’è stata anche la sofferenza di gridare aiuto e di non essere ascoltata da chi forse doveva garantire almeno un sostegno morale”
Cosa chiede adesso?
“Non denaro, ma solo che paghi per come si è comportato”.
Ha trovato un lavoro?
“Ho creato un centro di ascolto per donne in difficoltà ma ancora, economicamente, ho tanto da lavorare. Mi arrangio. In realtà sono state un po’ le donne a scegliermi quando ero intrappolata in casa e nessuno mi ascoltava sono uscita sui social, con un nome diverso”.
Ha detto “no” alla struttura protetta.
“Sarei dovuta andare a Pisa e i miei figli probabilmente in una casa famiglia. Lontana dai pochi amici e dai miei cari. Così ho detto ’cercherò di salvarmi da sola’. Non era la strada giusta per me, avrebbe distrutto ancora di più la vita”.
Cosa dice a chi si trova nelle sue condizioni?
“Sono una di loro. La differenza è che purtroppo tantissime preferiscono prendere un calcio piuttosto che affrontare l’uragano. Le capisco ma sono sfide a cui non si può rinunciare”.
L’udienza davanti al gup Sonia Caravelli, che non ha accolto il patteggiamento, slitta a fine novembre: l’uomo, difeso dall’avvocato Leonardo Paterniti, sarà giudicato con rito abbreviato. E oggi il caso sarà raccontato anche da ’Storie italiane’ su Rai 1.