
"E’ finita dopo 11 anni e 5 mesi". Derivati Mps, dopo l’assoluzione. Mussari ringrazia i suoi legali
"Sono trascorsi 11 anni, 5 mesi e 2 giorni dal 9 maggio 2012, allorquando tutto ebbe inizio. Oggi è finita: assolto definitivamente perché i fatti non sussistono. Esprimo tutta la mia gratitudine e il mio affetto agli avvocati Tullio Padovani, Fabio Pisillo e Francesco Marenghi che hanno voluto rappresentarmi e difendermi sin dal primo atto delle indagini, continuando a farlo anche quando altro non vi era che il mio essere loro grato. Alle loro capacità e alla loro perseveranza va ascritto l’immutabile epilogo di questa vicenda". L’ex presidente di Banca Mps e dell’Abi Giuseppe Mussari decide di affidare la sua reazione all’assoluzione definitiva in Cassazione all’agenzia AdnKronos. "Ho scelto di difendermi solo e soltanto dinanzi al mio giudice naturale, non vi è oggi ragione di mutare registro" ha aggiunto Mussari.
Più o meno la stessa dichiarazione che aveva fatto a maggio 2022, dopo l’assoluzione in appello. L’ex presidente è l’imputato più celebre tra i 13 del primo processo sui derivati Mps, Alexandria, Santorini, Fresh e Chianti Classico. L’elenco comprendeva anche l’ex direttore generale Antonio Vigni, i vertici di Deutsche Bank e Nomura Ivor Scott Dunbar e Sadeq Sayeed, più alti dirigenti tra cui l’ex Cfo del Monte, Gian Luca Baldassarri.
A reagire alla pietra tombale messa dalla Suprema Corte sul primo filone d’inchiesta sul Monte dei Paschi, è anche Confconsumatori, con il presidente nazionale Marco Festelli e l’avvocato Duccio Panti. "I supremi giudici della Quinta sezione penale hanno i dichiarato inammissibile il ricorso della procura generale di Milano contro la sentenza di Appello. E quando il ricorso è inammissibile per un vizio proprio ’di struttura’, anche se la prospettazione fosse fondata la Corte di Cassazione non la esamina: questo è avvenuto. Il fatto davvero sconcertante è un altro: in apertura dell’udienza Consob ha rinunciato alla costituzione di parte civile - scrive Confconsumatori - facendo venir meno il proprio ricorso per cassazione. Lo stesso Procuratore Generale è parso un po’ stupito, perché se da un lato ha ritenuto che il ricorso presentato fosse inammissibile, probabilmente avrebbe potuto sostenere quello di Consob. Le ragioni di tale decisione della Consob non si conoscono, si potrebbe presumere che abbia ottenuto un risarcimento del danno dalle società imputate.
La vicenda complessiva suscita riflessioni sull’efficacia e l’effettività sui vari sistemi di vigilanza del sistema bancario".
Archiviate le considerazioni delle parti, resta la sostanza del verdetto. L’acquisto di Banca Antonveneta deciso nel novembre 2007 e tutte le strategie finanziarie, dalla ristrutturazione dei derivati alle decisioni sugli aumenti di capitale per pagare i 9,3 miliardi con l’aggiunta degli altri 6,5 per la fidejussione Abn Amro, non configurano reati penali. La verità sancita dai processi sul primo periodo, 2008-2012, è che non è stata trovata nessuna tangente, è stata smantellata in appello la tesi del "disegno criminoso per occultare le perdite", è stata derubricata la narrazione del ’mandate agreement’ nascosto nella cassaforte a Rocca Salimbeni, trovato da Fabrizio Viola, anche lui ex dg, e consegnato alla procura. Per anni ’prova regina’ della ristrutturazione furbesca dei derivati, per incassare soldi freschi e innescare bombe a orologeria sotto i bilanci del Monte dei Paschi. Questa è la verita processuale. La verità storica è che il dissesto del Monte, gli aumenti di capitale a raffica e il salvataggio dello Stato, forse si potevano evitare se non si fosse pagata Antonveneta 17 miliardi di euro.