
Il professor Andrea Fagiolini, psichiatra, legge gli episodi di arroganza e violenza con protagonisti i giovani di oggi: segnali di frustrazione, disorientamento e disaffezione.
"I maranza sono adolescenti o giovanissimi che si muovono in gruppo, con atteggiamenti spesso arroganti, provocatori e chiassosi. Sono facilmente riconoscibili per il loro stile appariscente – tute, cappellini, tracolle e accessori vistosi, spesso firmati o contraffatti – e per un linguaggio volgare e sfidante": il professor Andrea Fagiolini, ordinario di psichiatria Unisi e direttore Salute Mentale alle Scotte, legge il ’fenomeno maranza’.
Perchè oggi? "Il fenomeno è diventato visibile grazie ai social, in particolare TikTok, e si è diffuso anche in città di provincia, attirando attenzione e preoccupazione. È giusto cercare di capire il disagio che sta dietro i comportamenti e offrire ai giovani spazi di ascolto e crescita. Ma questo non significa legittimare la maleducazione o la prepotenza. Dobbiamo essere capaci di distinguere tra chi esprime un disagio e chi si rifugia nella cafonaggine e nell’aggressività per imporre sé stesso agli altri".
Di recente a Siena ci sono stati episodi di violenza di gruppo: perché? "Episodi di violenza giovanile non sono nuovi, ma oggi stanno assumendo una visibilità maggiore, sia per la rapidità con cui circolano le notizie, sia per la loro carica simbolica. A Siena si stanno manifestando tensioni che covavano da tempo: frustrazione, disorientamento, senso di esclusione sociale. Spesso si tratta di gruppi di adolescenti o giovani adulti che si sentono ’fuori posto’, senza un vero ruolo nella comunità, e che trovano nel gruppo un contenitore identitario. La violenza, in questi casi, non è solo distruttiva: è una forma distorta di affermazione e prevaricazione degli altri. Perché ora? Perché stiamo uscendo da un lungo periodo di crisi, dalla pandemia all’incertezza economica, in cui molti ragazzi hanno visto crollare le certezze. E in assenza di strumenti emotivi e culturali per elaborare tutto questo, la rabbia e la prepotenza prendono il sopravvento".
Giovani e stranieri in città: c’è un problema inclusione? "Credo non sia corretto ridurre certi episodi esclusivamente a una questione etnica, così come non possiamo derubricarli solo a ’disagio sociale’. Molti dei giovani coinvolti, anche con origini straniere, sono nati e cresciuti in Italia. Il problema, semmai, riguarda un’integrazione che spesso resta formale ma non sostanziale. Detto questo, non possiamo cadere nell’eccesso opposto: quello di compatire ogni comportamento come se fosse inevitabile frutto di esclusione o disagio. Alcuni ragazzi esprimono tratti di prepotenza, arroganza, narcisismo, disprezzo delle regole. In questi casi, più che comprensione, serve chiarezza nei limiti e fermezza nei valori condivisi. Includere non significa chiudere un occhio e giustificare su atteggiamenti inaccettabili. L’inclusione funziona solo se si basa su reciprocità: la comunità accoglie, ma chi viene accolto deve voler farne parte, rispettandone le regole e le persone".
I nostri giovani sono fragili? "I giovani di oggi non sono più fragili di quelli di ieri, ma vivono una fragilità diversa, per certi versi più complessa. È una fragilità che nasce da un mondo iperveloce, iperconnesso, in cui tutto cambia continuamente e in cui spesso mancano riferimenti stabili, adulti affidabili e spazi veri di crescita. Sono ragazzi esposti a stimoli continui, pieni di aspettative da parte della società ma anche bombardati da modelli irrealistici di successo, bellezza, affermazione. In questo senso sono più esposti, più vulnerabili, più soli. Hanno mille connessioni ma spesso poche relazioni profonde. E mancano, oggi, molti dei luoghi di aggregazione strutturata che in passato contribuivano a formare l’identità: le parrocchie, gli scout, i circoli, le associazioni culturali o politiche. A Siena le contrade continuano a rappresentare un punto di riferimento sociale straordinario, una forma di appartenenza rara e preziosa. Ma non so se continuino ad attrarre giovani con la stessa intensità e motivazione di un tempo, oppure se anche lì si stia insinuando quella disaffezione tipica di una generazione che fatica a trovare un posto sentito come proprio. Allo stesso tempo, però, non possiamo ignorare un altro aspetto: molti giovani oggi sono cresciuti in un mondo che ha dato loro molti diritti ma ha ridotto la centralità del dovere, della fatica, del sacrificio. Hanno imparato a pretendere, spesso prima ancora di costruire. La crescita richiede confronto, disciplina, errori, limiti. E troppo spesso oggi, per proteggerli, tendiamo a togliere ai ragazzi proprio quegli ostacoli che possono aiutarli a fare anticorpi, a diventare più forti".
Il gruppo è uno scudo difensivo o offensivo? "Per un adolescente è una dimensione essenziale: è lì che si costruisce l’identità, si esplorano i limiti, si trova conforto, si cerca approvazione. Può essere uno scudo difensivo, quando serve a proteggersi dall’isolamento, a condividere paure e dubbi, a sentirsi meno soli. Ma può anche diventare offensivo, quando diventa una corazza contro il mondo, un luogo dove si alimentano sentimenti di rivalsa, di rabbia o di disprezzo verso l’altro".
Paola Tomassoni