La foto di Augusto Mattioli ci riporta al 17 agosto 1980 per il primo, ed unico, Festival Folk di Siena, organizzato dall’amministrazione comunale alla Fortezza Medicea. La fotografia coglie un attimo di "scambi verbali" perché quella notte successe un po’ di tutto, escludendo purtroppo la musica. Eppure l’elenco dei protagonisti sul palco non era male: Steambot Millie, Treves Blues Band, Fiddle Fever, Burritos, Stefano Grossman, John Renbourn Group con Jacqui Mc Shee, Reshave Sate e Tony Roberts.
Le avvisaglie in giornata non erano delle migliori per il Corso e in Piazza del Campo con piccole schermaglie: il Festival era praticamente la coda di un altro evento che si era svolto pochi giorni prima a Pistoia. Così una parte di quel pubblico aveva voluto seguire anche a Siena i loro beniamini. Così il concerto passo in Fortezza subito in secondo piano. I senesi, con un tam tam senza necessità di social, si erano radunati per contestare il modo di "invadere" la città. Oltre ogni possibile giudizio, e soprattutto oltre ogni sentenza morale verso una parte o verso un’altra, l’evento, che finì con furiose cariche della celere per dividere i contendenti, mi fece comprendere alcune regole di gestione degli eventi che mi sono stati preziose nella mia esperienza di La Città Aromatica. Prima regola è che ogni calendario non è una astronave che atterra dove e come vuole. Bisogna capire il contesto cittadino, rispettarlo, farselo amico. Il che non significa accettare condizioni e regole artistiche, significa solo capire dove siamo. Talvolta i tour si portano dietro elementi che possono danneggiare anche l’aspetto puramente musicale. Ci si deve informare chi ci stiamo portando a casa. Da qui gli incidenti con i senesi che culminarono in una lunga e interminabile notte, con inutili inseguimenti e aggressioni fino alla stazione ferroviaria. L’equilibrio si appoggia ad un quasi quotidiano colloquio con istituzioni, Contrade e semplici cittadini. Un altro esempio calzante sono i decenni di estati dedicate al Siena Jazz, con i concerti anche dentro le stesse Società di Contrada. E stiamo parlando di jazz e non di musica popolare senese, per un genere che adopera linguaggi difficili ma sempre compresi almeno nel contesto cittadino in cui si muovono. Peccato, perché quella sera gli artisti scelti meritavano la giusta attenzione.
Massimo Biliorsi