
E’ fresca di deposito la sentenza della Corte di Cassazione sui ricorsi presentati da Fruendo e Banca Mps contro la decisione della Corte di appello di Firenze del 18 ottobre 2016 che dava ragione a 33 lavoratori che pretendevano di ritornare alle dipendenze del Monte dei Paschi. Ebbene, entrambi i ricorsi sono stati respinti confermando la condanna e condividendo le motivazioni dei giudici di merito. L’ennesimo successo che riguarda una vicenda dove erano coinvolti oltre mille bancari in tutta Italia. Quelli che grazie all’avvocato Luigi De Mossi hanno avuto ragione di recente sono 33, senesi. Alcuni nomi molto noti in città. E adesso, conferma il legale, alla luce del pronunciamento definitivo della Cassazione, seguiranno le ulteriori mosse legali per tornare appunto al Monte. A parte coloro che, come recita la sentenza, "hanno stipulato accordi di conciliazione con le società ricorrenti".
Un braccio di ferro lunghissimo ed estenuante, che risale ad otto anni fa quando, si legge nella sentenza d’appello, c’era stato "il trasferimento di ramo d’azienda, intervenuto in data 30 dicembre 2013, tra la cedente spa Banca Mps e Fruendo srl". Per i bancari interessati dall’operazione che si erano rivolti all’avvocato De Mossi il primo pronunciamento del tribunale del lavoro di Siena nel 2014 in merito alla controversia tra gli addetti che fecero ricorso contro il Monte e Fruendo diretto ad ottenere l’accertamento della sussistenza del rapporto alle dipendenze di Rocca Salimbeni. Quest’ultima aveva ceduto, a loro avviso, quello che nel contratto di cessione veniva definito come "complesso dei beni organizzati per l’esercizio delle attività di prestazione dei servizi relativi ad attività amministrative, contabili e ausiliarie" in favore come detto di Fruendo. Con conseguente trasferimento di centinaia di lavoratori subordinati che, spiega De Mossi, deducevano "l’illegittimità e l’inefficacia della procedura di cessione". Il giudice Cammarosano nel 2015 dava ragione ai suoi assistiti condannando la Banca a riammettere in servizio i dipendenti. Rocca Salimbeni e Fruendo con due ricorsi distinti, però, non ci stavano. Chiedevano l’integrale riforma della pronuncia di primo grado lamentando, tra l’altro, l’errata applicazione della normativa nazionale e comunitaria relativamente ai requisiti necessari delle nozione di trasferimento d’azienda. Ma la Corte di appello ha ritenuto che l’autonomia del ramo ceduto dovesse preesistere al trasferimento al fine di un corretto inquadramento dell’operazione nello schema appunto della cessione di ramo d’azienda.
La.Valde.