
Gioco (foto di repertorio)
Siena, 24 gennaio 2019 - Un questionario Asl Toscana Sud, su un campione di 700 ragazzi fra 16 e 18 anni, dice che gli adolescenti hanno un atteggiamento ‘molto favorevole’ verso la rete: il 32% vi passa dalle 3 alle 5 ore al giorno, il 24% addirittura dalle 5 alle 8 ore. Del resto Fortnite è il fenomeno mondiale del momento, quello che fa sentire vecchio qualsiasi genitore non lo conosca: un videogioco che conta picchi di 3,4 milioni di persone ‘in battaglia’ on line contemporaneamente. Chi non si è chiesto perché Griezmann balli come un pazzo quando fa gol? Un ballo ispirato proprio a questo gioco, così come la canzone parodia ‘Sono solo un cespuglio (faccio quello che voglio)’ che tutti i ragazzini cantano.
Dunque, la dimensione virtuale diviene reale, catapultando bambini e adolescenti in un’altra vita, che si gioca e si consuma in rete, dove si concentrano le attenzioni che precedentemente erano riservate al tempo libero e dove oggi finiscono purtroppo anche tante ore sottratte allo studio. E’ il ‘gaming’, il videogiocare, su consolle, tablet o cellulare, il cui abuso può dar origine a una forma di dipendenza. E in quanto tale è sotto le attenzioni speciali del SerD, servizio dell’Asl un tempo dedicato alle tossicodipendenze (Sert), che oggi invece ‘segue’ il disagio legato anche alle ludopatie, il gioco d’azzardo e appunto il videogioco.
"Il fenomeno gaming è segno di quanto i nostri ragazzi siano bersaglio della nuova cultura e del consumo. Oggi il regalo più diffuso ad un bambino per la Comunione è il telefonino. Siamo noi adulti a dare questi strumenti ai ragazzi e dietro alla rete internet c’è un mondo di professionisti che studia prodotti attrattivi", spiega il dottor Marco Becattini, coordinatore dipartimento Dipendenze dell’Asl Toscana Sud Est.
"Il gaming ha diverse facce – continua – Ci sono chat dietro a questi giochi che mettono in contatto i ragazzi fra di loro, facendoli uscire dal loro isolamento. Però nelle chat si insinuano anche pericoli, di cui i più piccoli non sono coscienti. Sono sempre più i genitori che si rivolgono ai nostri centri, ai consultori, per la difficoltà a staccare i figli dalla rete. Poi ci sono tanti casi che emergono nel corso degli incontri dei nostri professionisti nelle scuole. Il gaming non può essere proibito o negato, ma fondamentale è la supervisione del genitore, l’accompagnamento all’uso dei nuovi strumenti, che noi stessi gli abbiamo dato. Fortnite ad esempio non è altro che l’ennesimo gioco-combattimento, lo ‘sparatutto’ con eroi buoni e cattivi, lo stesso contenuto culturale di tanti film, cui sottoponiamo i figli fin da piccoli. Sono iperstimolazioni di fronte alle quali il sistema nervoso di un bambino non sempre è pronto. Un bambino che guarda un film di guerra o gioca su un tablet prima di andare a letto avrà difficoltà ad addormentarsi, proprio a causa dell’iperstimolazione. Sta allora nel genitore calmarlo: non abbiamo paura ad ‘andare più piano’, a giocare ancora con un gioco tradizionale, da tavolo. E non preoccupiamoci se i figli del vicino sono iperperformanti".
Paola Tomassoni