"La Toscana siete voi, questa è una vertenza simbolo, perché non si può liquidare così un’esperienza industriale". Eugenio Giani, presidente della Regione, è davanti ai cancelli della Beko. A quella sbarra abbassata e al vuoto che c’è dietro, emblema dell’ennesimo giorno di cassa integrazione e di blocco della produzione. Lo striscione “Rsu Beko Europe Siena in lotta“, le bandiere dei sindacati e i tanti lavoratori che presidiano l’area davanti all’ingresso testimoniano che qui si sta vivendo la stagione difficile della lotta per difendere il proprio posto di lavoro. "Sono entrato da quel cancello nel 1993, pensavo di andarci in pensione...", dice amaro uno degli operai di Beko, in attesa dell’intervento dei rappresentanti delle istituzioni e in particolare del presidente Giani, che aveva annunciato l’arrivo a Siena alla notizia della presentazione del Piano industriale con l’ipotesi di chiusura di Siena e non solo.
"La Regione aveva già dimostrato di essere presente con il sostegno alla formazione, stanziando un milione di euro – dice Giani – ma era un dovere essere qui oggi come nei prossimi giorni e mesi, per seguire da vicino la situazione". Situazione, lo sanno benissimo i lavoratori e i rappresentanti, che è disperata. "Spero ancora che Beko abbia messo il carro davanti ai buoi, sparando alto per poi trattare", dice ancora al microfono Giani. L’unico tenue barlume di speranza insieme alle sollecitazioni da rivolgere al Governo: "Lunedì mi attiverò e chiederò subito lumi sulla golden power", dice Giani, rispondendo a una sollecitazione lanciata da Daniela Miniero della Fiom Cgil.
Perché in realtà, anche se arrivano richieste di fare fronte comune (e Giani si appella alla collaborazione con il Governo), il clima di confronto è destinato a salire di tono. "Perché non sono stati fatti controlli adeguati quando Beko è subentrata a Whirlpool?", chiede una lavoratrice. "Questa è la domanda vera – risponde Giani – perché i tempi del passaggio sono stati lunghissimi. E questa chiusura repentina lascia con l’amaro in bocca. Si doveva controllare meglio, per evitare che fosse solo un’operazione di acquisizione di quote di mercato".
Eccola, la considerazione che aggiunge amarezza all’amarezza: "Presidente, da qui non è usciti nemmeno un pezzo marchiato Beko – fa notare una dipendente –, nemmeno le magliette ci hanno fato...". Come dire: la toccata e fuga della nuova proprietà, con una presenza a Siena durata meno della trattativa per acquistare Whirlpool, è indice che la dismissione era già prefigurata in partenza. Sarà perché la produzione del sito senese non dà buoni risultati e allora perché comprare? Solo per chiudere e acquisire spazi di mercato, si deduce.
Considerazioni che purtroppo, a questo punto, hanno una valenza relativa, rispetto ai possibili scenari. "Faremo intanto pressing sul Governo – dice Giani – perché questo diventi un caso nazionale. Dovremo poi agire sui vertici Beko per capire se ci sono margini di dialogo. E poi pensare eventualmente anche a forme di riconversione e adattamento dell’impianto, partendo dal presupposto che rifiutiamo iniziative drastiche come quelle che sono state presentate al tavolo".
Già, il tavolo ministeriale. "Non possiamo consentire che investitori esteri si presentino al ministero annunciando duemila licenziamenti", dicono dalla platea dei lavoratori. Invece è talmente possibile che è successo e ora si attende le mosse successive, consapevoli che i tredici mesi che ci separano dall’ipotesi di chiusura dovranno essere messi a frutto nel migliore dei modi. "Oggi non finisce l’esperienza Beko, oggi inizia una lotta che coinvolge tutta la Toscana", è l’auspicio di Giani.