PAOLO BARTALINI
Cronaca

Giovacchino Petricci, quel ragazzino partigiano: "Mio fratello era messaggero e io gli davo una mano"

Era un partigiano ragazzino, Giovacchino Petricci (foto). Classe 1933, al tempo della Liberazione risiedeva con i congiunti nelle campagne intorno...

Era un partigiano ragazzino, Giovacchino Petricci (foto). Classe 1933, al tempo della Liberazione risiedeva con i congiunti nelle campagne intorno...

Era un partigiano ragazzino, Giovacchino Petricci (foto). Classe 1933, al tempo della Liberazione risiedeva con i congiunti nelle campagne intorno...

Era un partigiano ragazzino, Giovacchino Petricci (foto). Classe 1933, al tempo della Liberazione risiedeva con i congiunti nelle campagne intorno a Radicondoli. Oggi abita, da solo, a pochi passi dall’ingresso in paese. Racconta gli eventi vissuti in prima persona quando aveva poco più di dieci anni. "Eravamo un nucleo di contadini presso il podere Riparobbia, in mezzo al bosco, una specie di crocevia per la Resistenza locale. Ho conosciuto una famiglia attiva, impegnata contro ogni sopraffazione. Mio fratello Attimio faceva il ‘messaggero’ tra i componenti del Comitato di Liberazione a livello locale e le formazioni partigiane. E io stesso, seppur in tenera età, ho dato una mano forse incurante dei pericoli ai quali andavo incontro". Radicondoli dell’antifascismo, dei capanni partigiani, della base sulle Carline. E di Guido Radi, detto Boscaglia, caduto l’8 maggio 1944. "Era più grande di me – ricorda Giovacchino Petricci – e ho saputo dai racconti di casa che mi teneva in braccio quando avevo mal di denti". Nel tragitto scuola a casa, prestando la massima attenzione… "Occhio ai movimenti sospetti, era la raccomandazione. Ho in mente in più di una occasione il passaggio della milizia fascista.’Cercano i partigiani’, sentivo sussurrare dagli adulti. Lì, in quella zona, ce ne erano e numerosi. Vigeva un ‘codice’ per farci riconoscere: bussare tre volte alla porta. E la parola d’ordine, di solito un numero, che cambiava in continuazione". Vicende narrate anche in un libro, "La tavola del pane", di Pier Giuseppe Martufi, la storia della ventitreesima Brigata Garibaldi intitolata proprio a Boscaglia. Episodi indelebili di una vita, anche per il preadolescente Giovacchino: "Ripenso a quando quattro sconosciuti si erano spacciati per appartenenti alla Resistenza e di recavano a chiedere contributi in denaro in alcune località del circondario, a Elci per esempio. Furono smascherati". Non ha dubbi Petricci nel descrivere le sensazioni della Liberazione: "La fine di un incubo. Un senso di gioia, anche per noi ragazzi delle campagne". Poi il lavoro da bracciante, l’attività politica, l’iscrizione al Pci. "L’istruzione? Ho la licenza elementare. Sono arrivato a dirigere la Cooperativa Boscaglia, presidente per 14 anni, in un periodo in cui avevamo anche 45 dipendenti". Uno sguardo al passato: "Tante difficoltà, indicibili rischi. È andata bene".

Paolo Bartalini