Laura Valdesi
Cronaca

Giovani, forte disagio: «Si tagliano la pelle perché soffrono. Quasi una ’dipendenza’»

Pianigiani, psicologo dell’Asl Toscana Sud Est, fotografa la situazione. Il progetto ’Youngle’, grazie ad una chat anonima con ragazzi . fra i 16 e i 19 anni che aiutano i coetanei, riscuote grande successo.

Giovanissimi e nuovi disagi (foto archivio)

Giovanissimi e nuovi disagi (foto archivio)

Siena, 28 aprile 2024 – Pianeta giovani. Anzi, giovanissimi. Il questore Pietro Milone ha squarciato il velo sui minorenni, poco più che bambini, che fanno uso di droghe leggere. Cannabis ed hashish, senza pensare che possono creare comunque dipendenza. Luca Pianigiani, direttore dell’Uoc Psicologia dell’Asl Sud est per la provincia di Siena, che collabora con la polizia al progetto ’Cresci consapevole’ nelle scuole, dal suo osservatorio particolare restituisce una foto degli adolescenti e delle loro richieste di aiuto. "Non arrivano da noi perché fanno uso di sostanze. Raccontano problemi in famiglia, nello studio e nelle relazioni sentimentali. Nel dialogo vieni magari a sapere che ’fumano’. Nessuno di loro si rivolge ad un operatore sanitario pensando che questo sia un problema da risolvere. Semmai dicono ’non mi interessa’", spiega Pianigiani.

Direttore, il fatto di considerare normale ed elemento di socializzazione fumare hashish dipende anche dall’insegnamento delle famiglie?

"Ma no. E’ un cambiamento sociale. Si parla ormai di legalizzare tutto. Siamo passati da un periodo nel quale sono state bandite le sigarette dai film allo sdoganare le ’canne’. Non c’è più dipendenza, si dice. Invece la creano, eccome".

Non fa più scalpore se un ragazzino fa uso di hashish?

"Anche l’adulto tende a dire ’non è bello però si sa che succede’. Se in un locale si ipotizza che giri il ’fumo’ nessuno scappa o lo ghettizza. La legalizzazione viene confusa, ripeto, con il fatto che non faccia male. Invece, come detto, non è così".

I giovanissimi poi hanno l’ansia da prestazione.

"Basta pensare, un dato generale, che il 10% dei ragazzi assume psicofarmaci ma legali. Ansiolitici. Vengono da noi e raccontano ’ho l’ansia, sto male, uso qualche medicinale. Un fenomeno nazionale e dunque anche della nostra provincia".

Problemi scolastici, con gli amici, anche relativi alla sessualità li spingono a rivolgersi all’Asl.

"Sì, a volte hanno sbalzi di umore importanti. Un altro aspetto molto diffuso è il cutting. Il tagliarsi la pelle serve loro a gestire gli stati emotivi".

Capita più alle donne che ai loro coetanei maschi?

"Sì, le donne ricorrono maggiormente al cutting con le lamette. Tagli sulle braccia, incisioni sulle gambe. Il ragazzo tende ad avere invece atteggiamenti autolesionistici tirando un cazzotto oppure dandosi dei pugni. Diventa quasi una ’dipendenza’, l’unica modalità per gestire uno stato di sofferenza importante. Ed è anche molto emulato. In passato le ragazze si tagliavano ma tendevano a nasconderlo, oggi non capita più. In ambulatorio arrivano con un cerotto e raccontano quanto accaduto".

Non è un fenomeno legato alle classi sociali.

"Assolutamente no. Si tratta di figli di famiglie che stanno bene. E’ la società che è cambiata. Non ci sono genitori disattenti, che li trascurano. Ma sono in difficoltà a sostenere i ragazzi in un momento di estrema confusione ed elevata sensibilità rispetto al giudizio degli altri e alle aspettative di sè. I genitori rassicurano ma quando il riconoscimento di sè è dato dall’ammirazione sociale ti perdi e non gestisci le emozioni".

Gli strumenti di intervento?

"Hanno necessità di accedere direttamente ad uno sportello di ascolto, senza filtri. ’Sto male, ho bisogno, non lo voglio far sapere’. Qui entra in gioco, in termini di prevenzione, la nostra chat anonima dove si usa un nickname nell’ambito del progetto ’Youngle’ dove ci sono ragazzi dai 16 ai 19 anni che ascoltano e danno consigli. Diventano un punto di riferimento, orientano i ragazzi ai servizi. Ogni anno utilizzano questo canale 250-300 ragazzi per avere informazioni".

A Siena cosa manca? I Centri giovani sono adeguati?

"Utili per ritrovarsi e stare insieme, ma occorre un’impronta innovativa, educativa e di sostegno".

Il disagio viene avvertito più nel capoluogo o nel resto della provincia?

"Più a Siena perché le piccole comunità, per quanto abbiano problemi simili, finiscono per essere protettive. Un po’ come le Contrade a Siena ma non tutti le frequentano per cui serve anche altro".