LAURA VALDESI
Cronaca

Il giudice di pace: "Benservito a 50 anni: no, grazie"

Fabiola Petrella racconta il disagio che vive la categoria

Il giudice Fabiola Petrella

Siena, 3 marzo 2018 - «IL BENSERVITO a 50 anni, dopo 20 di attività. Doloroso, glielo assicuro. Sono affezionata a questo lavoro fatto di piccole vicende in realtà grandi per chi vi è coinvolto. Un decreto ingiuntivo di 500 euro per un’impresa familiare può rappresentare molto». Pronuncia la frase con gentilezza ma c’è pathos nelle parole del giudice di pace di Siena, Fabiola Petrella.

Sabato mattina, gli uffici di viale Franci sono semi vuoti. E lei, laureata in giurisprudenza ed avvocato, sposata con due figli, originaria della provincia dell’Aquila ma a Siena ormai da un decennio, racconta il disagio che vive la categoria. E che l’ha indotta a scendere in piazza e a protestare qualche giorno fa a Roma per difendere il futuro. «Ma anche il buon funzionamento della giustizia! Pensi che a Siena trattiamo circa 3mila procedimenti all’anno fra civile, penale e immigrazione. Siamo in due ed è intervenuto ultimamente un giudice in applicazione. Io mi reco anche a Montepulciano. Attualmente facciamo udienza 2 o 3 giorni alla settimana, negli altri scriviamo le sentenze e studiamo i fascicoli. Con la riforma della magistratura onoraria, recentemente varata, aumentano le competenze ma lavoreremo due giorni a settimana, una sorta di part time, con uno stipendio lordo di poco più di 16mila euro all’anno. Dunque circa 800 euro mensili con i quali provvedere a maternità, previdenza e assistenza. Perché, per chi non lo sapesse, il giudice di pace non può permettersi di ammalarsi. Ci sono colleghi in altre parti d’Italia che sono andati in udienza facendo la chemioterapia», spiega sollevando il velo su un mondo, quello appunto di chi decide sulle ‘piccole’ cause, sconosciuto ai più.

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