"Stiamo valutando come sindacato di entrare in stato di agitazione". Così Federico Romagnoli, delegato della Rsu Filctem Cgil Siena, al termine dell’assemblea dei lavoratori di Gsk, che ha visto la partecipazione di quasi 900 persone. Sia le sigle sindacali che i dipendenti ieri hanno ricevuto una comunicazione scritta dove l’azienda chiarisce le sue intenzioni sul piano di uscite volontarie. ma su questo tema si registra una spaccatura tra sindacati. Romagnoli infatti non usa mezzi termini: "In realtà si tratta di un piano di esuberi mascherati come uscite volontarie. Parlare di 270 persone da liquidare equivale a chiudere un’azienda grande quasi quanto Beko". E ancora: "La partecipazione all’assemblea ha avuto un alto riscontro – ha ribadito –. Come Filctem Cgil abbiamo ripetuto che la proposta di Gsk rappresenta un’ulteriore perdita di posti di lavoro sul territorio. E’ quindi necessario indire lo stato di agitazione in attesa di un tavolo con Regione e Confindustria".
Più orientato alla trattativa è Walter Bardelloni, Uiltec: "L’azienda è disposta a mettere sul tavolo una media di 100mila euro a persona di buonuscita in base all’anzianità anagrafica e di servizio. Noi puntiamo a ottenere un turnover attraverso la stabilizzazione degli interinali o il passaggio dallo Staff Leasing a Gsk. Insomma, chiediamo assunzioni e di migliorare i servizi, non certo l’apertura di un tavolo di crisi".
Gian Luca Fe’, segretario Femca Cisl, sottolinea: "C’è preoccupazione perché Gsk rappresenta un punto di riferimento per il territorio, ma siamo anche consapevoli che dall’operazione non uscirà un’azienda ridimensionata, visto il piano di investimento da 260 milioni di euro in due anni". E ancora: "Tante persone stanno già interessandosi alla possibilità di uscita volontaria, considerandola un’opportunità. Sbagliato quindi parlare di esuberi, anche perché la procedura sarebbe decisamente diversa".
Cristina Belvedere