A 700 anni dalla scomparsa del Sommo Poeta Dante Alighieri, morto in esilio a Ravenna, nel 1321 e autore della Divina Commedia, vogliamo ricordare l’episodio della battaglia di Montaperti che viene descritta nella cantica dell’Inferno. Lo scontro, avvenuto il 4 Settembre del 1260, ben cinque anni prima della nascita di Dante, vede contrapposti i Guelfi fiorentini e i senesi Ghibellini, a combattere una delle battaglie più sanguinose della storia sulle rive del fiume Arbia, a pochi chilometri da Siena e non molto lontano da Montalcino. Il conflitto tra Guelfi e Ghibellini si risolse tra gelosie e tradimenti. I senesi si finsero arresi per cercare di ingannare i fiorentini e i fiorentini gentili. In realtà, tutte e due le parti, accecate dall’odio volevano sterminarsi a vicenda. Due frati
minori avevano comunicato che i senesi avrebbero venduto la città per diecimila fiorini d’oro. I Guelfi ci cascarono e sborsarono questa somma, che contribuì a finanziare l’esercito tedesco. Quando aprirono la porta di San Vito, i Guelfi invece di trovare i Ghibellini disarmati si videro arrivare addosso ottomila fanti senesi, circa tredicimila cavalli tedeschi, inviati dal re Manfredi, figlio di Federico II di Svevia e altrettanti fuoriusciti fiorentini a capo dei quali c’era il nobile ghibellino, esiliato dalla sua città, Manente di Jacopo degli Uberti detto Farinata. Quando i fiorentini si resero conto di essere spacciati, abbandonarono il campo lasciando i fanti a resistere fino a quando l’Arbia si colorò del sangue dei caduti. Firenze non aveva mai subito una sconfitta così grande e la vittoria avversaria garantì a Siena l’autonomia. Anche Montalcino, prese parte a questa guerra schierandosi con i guelfi, ovvero con Firenze. Racconta un’antica leggenda, che i montalcinesi per non aver aiutato Siena, in quanto arrivati in ritardo alla battaglia di Montaperti, furono mandati ugualmente sul campo a seppellire i morti. Questo fatto dette ai montalcinesi l’appellativo di “beccamorti”. Abbiamo letto che i “beccamorti” erano coloro che dovevano accertarsi, infliggendo dolore ai corpi, se questi erano veramente morti. Dopo la sconfitta dei fiorentini, il castello di Montalcino cadde definitivamente sotto il dominio della Repubblica di Siena, realizzando il sogno che la città aveva sempre desiderato.
Ond’io a lui: “Lo strazio e il grande scempio
che fece l’Arbia colorata in rosso,
tal orazion fa far nel nostro tempio” (Inferno, X, 85-87)
Queste sono le parole di Farinata degli Uberti, che Dante colloca tra gli eretici. Al di là degli scontri e delle posizioni di parte, in Farinata si riflette l’amore per la propria città. Si oppose con forza quando la maggioranza voleva raderla al suolo.