"I momenti più belli? Quando mi trovavo la sera, da solo, davanti a lui. Pensavo che anche Caravaggio, dipingendolo, avesse provato la stessa emozione di fronte alla tela, al colore, alla luce del Cristo. Mi sono sentito un privilegiato". Andrea Cipriani è tra i più importanti restauratori di dipinti antichi. Nato a San Casciano dei Bagni, vive e lavora a Firenze nel suo studio in Via Santo Spirito. Un paio di anni fa gli è stata commissionata un’impresa di quelle che ti segnano la vita e la carriera. Restaurare ’Ecce Homo’ di Caravaggio. L’opera, tenuta segreta fino a oggi, è una delle più grandi scoperte nella storia dell’arte. Dopo un’indagine diagnostica condotta da Claudio Falcucci, gli studi di altri esperti quali Maria Cristina Terzaghi, Gianni Papi, Giuseppe Porzio e Keith Christiansen hanno confermato l’attribuzione dell’opera al maestro italiano. Dipinta da Caravaggio intorno al 1605-09, un tempo faceva parte della collezione privata di Filippo IV di Spagna, è una delle 60 opere conosciute dell’artista, un pezzo straordinario. A inizio 2021 fu messa all’asta da una famiglia spagnola per 1.500 euro, ma il mondo dell’arte capì immediatamente il valore dell’opera. Le offerte arrivarono da tutto il mondo per alcuni milioni, il quadro fu ritirato.
Nell’aprile 2021 il Museo del Prado avvisò il Ministero della Cultura spagnolo circa della rilevanza del dipinto, che era stato attribuito a uno studente di José de Ribera, la galleria d’arte Colnaghi prese in custodia l’opera, che fu restaurata da Andrea Cipriani insieme al suo team: Margherita Bozzoni, Lorenzo Conti e Aky Yamamoto.
Il quadro è comunque stato venduto, forse per 36 milioni di euro, a un privato inglese ma residente in Spagna, paese dal quale non potrà più uscire essendo vincolato. Il nuovo proprietario lo ha concesso in prestito al Museo del Prado per 9 mesi, dove sarà esposto in una speciale installazione dal 28 maggio a ottobre e poi sarà in una mostra a Roma.
La notizia del restauro ha fatto il giro del mondo e Andrea Cipriani, protagonista insieme al quadro di un documentario, risponde alle domande. "Non mi aspettavo un clamore mediatico – racconta –, ho fatto semplicemente il mio lavoro. Ho cercato attraverso la tecnica di salvaguardare al meglio il quadro. Le condizioni erano quelle normali di un quadro dei primi del ‘600 che ha subito spostamenti, ha vissuto una vita intensa".
Chiediamo se ha scorto dettagli durante la ripulitura, Cipriani risponde: "La tela raffigura Pilato e Cristo, dietro c’è l’immagine di un ragazzo che sta a bocca aperta, immagine iconica del pittore. Si pensa sia l’allievo prediletto del Caravaggio, Cecco. Di questa figura si era persa la forma della spalla e la manica così come la veste di Pilato. Con il restauro le forme sono riapparse e i valori cromatici ricomparsi in tutta la loro drammaticità. Studiando il quadro si sono potute riconoscere le famose incisioni. Caravaggio non disegnava, con una punta incideva sulla tela le linee compositive principali. Anche ad occhio nudo si possono vedere le incisioni che contornano le figure, gli occhi. Solo lui usava questa tecnica ed è considerata la sua firma. Un altro dettaglio a cui ho dato una lettura nuova è la luce. Di solito si lavora con luci molto stabili e forti. Ma per questa tela, più abbassavi la luce e più il quadro diventava bello. Assorbiva una teatralità inaspettata. Credo che andrebbe osservato nella penombra. E’ lì che si trasforma in un capolavoro".
Federica Damiani