REDAZIONE SIENA

Il cardinale Lojudice: "Cara Siena svegliati!. Butta giù quelle mura"

La guida della chiesa cattolica senese fa gli auguri alla sua comunità "Altrimenti troverai gente che dorme per strada. Un mondo in cammino".

La guida della chiesa cattolica senese fa gli auguri alla sua comunità "Altrimenti troverai gente che dorme per strada. Un mondo in cammino".

La guida della chiesa cattolica senese fa gli auguri alla sua comunità "Altrimenti troverai gente che dorme per strada. Un mondo in cammino".

di Michela Berti

SIENA

"Cara Siena svegliati, altrimenti ti troverai gente che dorme per strada".

Il cardinale Augusto Paolo Lojudice suona la sveglia alla comunità senese. E coglie l’occasione delle festività natalizie per scuotere la città. "Siena non concepisce che qualcuno possa stare per strada. Sia chiaro, non c’è niente di bello che ci sia chi dorme per strada ma questo è un mondo che cammina in un altro modo".

Come è cambiata l’accoglienza in città da quando è arrivato?

"Quando sono arrivato c’era la Caritas che aveva un piccolo dormitorio in via Piccolomini da 8 posti, lo abbiamo sistemato, oggi non basta più ma non riusciamo a trovare un luogo almeno da 50 posti. Non dico trecento che poi diventa un ghetto. Non c’è un posto che accolga lo straniero nel tempo che intercorre dall’arrivo sul territorio fino a quando entra in un Cas. A Roma ci sono 10mila persone che dormono in strada. Un mondo che ormai convive con la città".

Ma nel dna del senese questo non è contemplato…

"E’ un file che non si apre. Poi c’è tanta gente disponibile, sia chiaro. A San Girolamo, ad esempio, c’è chi dà una mano sempre. Era una mensa da 25 posti, oggi ce ne sono 100. Anche ieri sono stati distribuiti 96 pasti. Qualcuno dice che è colpa mia che li ho portati io, ma non è vero! E comunque come Chiesa è un vanto che vengono a Siena perché vuol dire che qui trovano una mano tesa. Poi, chiaramente, dobbiamo stare attenti al lavoro nero, al caporalato".

Lei ha lanciato gli stati generali su giovani e lavoro, come le è venuta questa idea?

"Quando il Papa mi disse di venire a Siena, io risposi: cosa ci vado a fare? Siena è un ambientino borghese e io convivo a Roma con spazi di marginalità estrema. E Papa Francesco mi rispose: ’E io per questo ti ci mando’".

Siena, ambientino borghese, sempre così?

"Da fuori Siena sembra una Disneyland, un mondo dei giocattoli. Questo Palio, una città ripiena d’arte ma poi quando ci vai a vivere, anche qui ci stanno i problemi. E’ una bella cittadina: tanti ragazzi vengono a studiare alle Università, ma anche tanti ragazzi di Siena se ne vanno. Capisco che oggi è il mondo lo spazio della vita, quindi non dobbiamo tarpare le ali ai giovani. Però vedo che sono spazi in cui si sentono stretti. Abbiamo eccellenti università, con le Scienze Bancarie che catapultavano tutti nel grande mondo del Monte dei Paschi, adesso invece è finita questa epoca".

Anche lei pensa che sia finita?

"Non c’ero prima, ma oggi la percepisco così. Prima elargivano fiumi di denaro a chiunque, oggi non avviene più. Un sistema che aveva narcotizzato la popolazione e anche la Chiesa che riceveva più soldi dal Monte dei Paschi che dall’8 per Mille. Ora c’è rassegnazione: è finita un’epoca basta non c’è più niente da fare"...

Intanto però i nodi del lavoro vengono al pettine…

"Io capisco anche questioni spinose delle grandi società che acquisiscono e poi chiudono. Ma i giovani e il lavoro sono temi legati. Siena continua a rimanere un’eccellenza, nell’università, l’ospedale, l’arte. Ma invece di tenere un po’ tutto sotto la coperta certe cose andrebbero esportate, non svendute sia chiaro. Quello che c’è dentro una città così piccola anche solo come opere d’arte è immenso. Abbiamo tantissime opere chiuse nei magazzini che potremmo riempire una regione intera, colmare vuoti dove ce ne sono. Invece l’autoreferenzialità senese ha la meglio, anche se in realtà è un po’tipica della Toscana".

Quale augurio fa alla sua città?

"Che riesca a buttare giù le mura, in senso metaforico s’intende, e immaginarsi in un contesto che è più grande di lei perché il mondo adesso respira ad altri livelli, custodendo certe tradizioni sia chiaro. Perché il Palio, vissuto 365 giorni l’anno come a Siena, non esiste nel mondo, e deve essere un’opportunità".

Cosa intende?

"E’ una grande risorsa perché crea una rete imponente. Come dico spesso ai sacerdoti: a Siena centro le parrocchie non decolleranno mai. Perché il vero centro aggregativo della Siena nelle mura sono le contrade. La contrada già porta la dimensione religiosa, il Correttore è come fosse parroco. Ci sono feste, cene e campi estivi. Questa è un’opportunità che va vissuta. La contrada è il primo livello di quello che il Papa chiama ’La chiesa in uscita’ ovvero un luogo dove ci sono tutti e dove tu prete non sei il capo ma sei un membro. A volte ci sono anche un po’ troppi eventi".

Nel senso?

"Qui c’è il convegnismo compulsivo, cinque eventi al giorno! Scherzando una volta alla sindaca ho detto: possibile che non si riesce a fare un quadro sinottico? E lei ha detto: no, non si può".

Siena vede la sua stella polare?

"La dà per scontata. Siena è Siena, punto. Non si discute".

Pensiamo al Giubileo. Lei è riuscito a mettere allo stesso tavolo tutti i sindaci della sua diocesi per preparare il Giubileo 2025?

"Ho trovato grande disponibilità sopratutto nei sindaci di provincia. La chiesa ha una sua missione, non ci dobbiamo mettere a fare politica, anche se la politica è l’aria che si respira. Fare politica, nel senso della Polis, la politica vera che coinvolge promuove, altrimenti diventa la bega di cortile".

E allora buon Natale.