Un testo solenne riprodotto in libri e anni diversi in tempo di Repubblica non reca la data. Lo si pensò come fuori del tempo, come si auspicava la Repubblica appunto. Leggiamone con attenzione l’apertura, sintesi del pensiero politico senese ed esempio peraltro del splendido ‘volgare’ senese: "Essendo la magnifica città di Siena dedicata alla gloriosissima Vergine Maria sotto la cui protectione in libertà si governa adciò che la iustitia, regina et spechio di tutte le virtù necessario al politico vivere sia in perpetuo vigore et mediante essa li buoni cittadini amatori d’essa dolce patria sanese in unione et pace si riposino et li gattivi et perversi si reduchino al benfare".
A prima lettura si direbbe che il Comune ci aveva azzeccato. Senonché il testo riguarda solo il Popolo di Siena, mentre il Comune aveva a parte i suoi elaborati statuti a normare uffici e attività. Quelle parole introducono alla ‘costituzione’ del Popolo di Siena, presente nei documenti ufficiali concernenti le sue componenti: le 42 compagnie. Ognuna era agli ordini di un Capitano che controllava l’armamento dei loro fedeli, per obbedire al Gonfaloniere maestro capo del Terzo di appartenenza. In caso di ‘rumori’ com’erano detti i turbamenti dell’ordine pubblico, i popolari delle compagnie affluivano nei ‘ridotti’, cioè nelle sedi con armi e attrezzi previsti anche contro gli incendi. Da là muovevano obbedendo al Capitano.
La Repubblica si basava infatti sul binomio di Comune e di Popolo. Le loro diverse insegne sono sulla ‘rocca’ della torre del Mangia. Ma si noterà uno squilibrio, che non è di origine estetica. Il Leone del Popolo è solo, racchiuso tra le due Balzane del Comune.
Esatto, perché il Comune della Repubblica includeva il Popolo, ma non lo esauriva. Il Comune era l’ente generale che oltre al Popolo includeva anche i grandi, i potenti nobili detti anche magnati. Quelli come Enea Silvio Piccolomini, divenuto papa Pio II, il più noto personaggio europeo del tempo, che infatti giudicava la città governata dai plebei, da senesi ‘abiecti’.
Letterato finissimo, papa morto prematuramente purtroppo, Enea Silvio riconoscerebbe con onestà che cosa i suoi concittadini pur ‘popolari’ seppero fare.