Il dibattito sullo ius scholae. Lojudice: "Un segno di civiltà per una società più giusta"

Il cardinale interviene dalle colonne di ’Toscana oggi’ sul dibattito per la cittadinanza ai giovani extracomunitari: "Un’opportunità per il Paese a rischio spopolamento progressivo".

Il dibattito sullo ius scholae. Lojudice: "Un segno di civiltà per una società più giusta"

Il cardinale interviene dalle colonne di ’Toscana oggi’ sul dibattito per la cittadinanza ai giovani extracomunitari: "Un’opportunità per il Paese a rischio spopolamento progressivo".

"Credo che lo ius scholae, con tutte e precisazioni necessarie e opportune, rappresenti una grande occasione e possibilità di fare un salto in avanti di qualità e di civiltà, per una società più giusta e più rispettosa di tante persone che sono e saranno una grande opportunità anzitutto lavorativa per un Paese, l’Italia, che, purtroppo rischia un invecchiamento e uno spopolamento progressivo". Il cardinale Augusto Paolo Lojudice, delegato della Conferenza episcopale toscana per le migrazioni, affida alle colonne di Toscana oggi la sua riflessione su uno dei temi al centro del dibattito politico nazionale: la possibilità di riconoscere la cittadinanza italiana in base al ciclo di studi.

"Il tema in questione è: come si acquisisce la cittadinanza italiana per un bambino nato in Italia da genitori extracomunitari – scrive Lojudice –. Attualmente è in vigore la legge 91 del 1992, che stabilisce il cosiddetto ius sanguinis, ovvero il diritto di cittadinanza sin dalla nascita solo per chi è figlio di uno o entrambi i genitori cittadini italiani. Lo ius scholae, di cui in questi giorni si sta discutendo molto, è una possibilità già discussa ampiamente in Parlamento lo scorso anno".

Di cosa si discute in questo momento? "La riforma – osserva il cardinale – prevede il riconoscimento della cittadinanza italiana per i giovani con background migratorio nati in Italia o arrivati prima del compimento dei 12 anni che risiedano legalmente e che abbiano frequentato regolarmente almeno cinque anni di studio nel nostro Paese, in uno o più cicli scolastici. Inoltre, se i cinque anni considerati includono la frequenza della scuola primaria, allora viene richiesto anche il superamento del ciclo di studi con esito positivo come elemento fondamentale per il riconoscimento della cittadinanza".

"Credo sia un grande segno di civiltà – scrive Lojudice su Toscana oggi – permettere di acquisire una cittadinanza in modi e tempi non impossibili. Anche perché essere cittadini di uno stato dove sei nato e vivi ti permette di essere riconosciuto sia come cittadino, ma chiede e vincola a diritti e a doveri come tutti gli altri. Ormai le nostre scuole, dall’infanzia in su sono piene di bambini figli di extracomunitari nati in Italia".