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Il fascino della lingua nella Divina Commedia Lessico ai tempi di Dante: modi di dire tutt’ora in uso

Il padre della lingua italiana ha una maniera particolare di scrivere. Gioca molto con le parole

Dante, considerato il padre della lingua italiana, ha un modo tutto suo di scrivere. Si tratta di poesia e la poesia, si sa, ha un linguaggio particolare, inoltre, la lingua che usa Dante è il volgare fiorentino colto dove confluiscono latinismi, termini giuridici, filosofici, ma anche espressioni semplici e popolari della lingua parlata. A Dante piace molto giocare con le parole, inserisce neologismi e allotropi, figure retoriche e figure di suono.

Dante usa uno stile diverso per ogni personaggio e luogo; nell’Inferno inserisce parole anche volgari e crude, nel Purgatorio utilizza uno stile misto e nella cantica del Paradiso usa linguaggi dal registro più formale.

Le parole che ci hanno particolarmente incuriositi sono: “quisquilia”, ovvero “pagliuzza”; “pappo e dindi”, termini usati dagli adulti per parlare ai bambini. Il significato è rispettivamente di “pane” o “cibo” e “denaro”. Tra i modi di dire più noti ricordiamo: “cosa fatta, capo ha”, diventato un frequente detto toscano, significa che una cosa fatta ha sempre uno scopo; “stai fresco”, espressione usata per indicare una cosa che finirà male e “Fresca di giornata”, che indica la novità.