Il premio Nobel per la Medicina, Katalin Karikò, non è mai venuta a Siena ma non è un nome sconosciuto alla ricerca scientifica senese: la biochimica ungherese e senior vicepresident di BioNTech è coinvolta nello spoke 5, coordinato da Università di Siena, del ‘Centro Nazionale per la Terapia genica, farmaci e vaccini a Rna’, progetto di ricerca di rilevanza nazionale che vede assegnati all’ateneo 11,8 milioni di euro di fondi Pnrr. Katalin Karikò ha ricevuto il premio Nobel, insieme a Drew Weissman, per la tecnologia a Rna messaggero usata dai vaccini Pfizer e Moderna antiCovid.
"Fra i sette enti di ricerca coinvolti nello spoke 5 c’è BioNTech – conferma il professor Francesco Dotta, prorettore alla sanità e coordinatore dello spoke – e gli studi che portiamo avanti partono dalla piattaforma Rna di cui è pioniera Katalin Karikò. Finora è stata utilizzata per i vaccini, ma l’innovativo approccio terapeutico è applicabile a tanto altro, anche al cancro. Lo spoke da noi coordinato e portato avanti con l’Università di Verona, si concentra sullo sviluppo di vaccini per cercare di bloccare malattie autoimmuni, come diabete 1 e sclerosi multipla. E BioNTech ha ritenuto interessante il nostro approccio basato sulla piattaforma Rna: in estrema sintesi, educhiamo il sistema immunitario in modo che blocchi quelle cellule che attaccano l’organismo. Quello che fa il vaccino a Rna messaggero".
"Katalin Karikò è la scienziata modello, quella che passa tanto tempo in laboratorio – ancora il professor Dotta -, un esempio per i giovani, per tutti noi e l’intero mondo della ricerca . Il Nobel è più che meritato, a fronte di una vita fra mille difficoltà dedicata alla scienza e di risultati che hanno salvato la vita a milioni di persone nel mondo". Katalin Karikó ha dedicato la sua vita, combattendo contro difficoltà e scetticismo, allo sviluppo di una terapia genica basata sull’mRNA, una molecola che codifica le informazioni genetiche contenute nel dna. "Con i miei colleghi abbiamo portato avanti studi che venivano considerati non convenzionali – così il premio Nobel è intervenuta all’Università Humanitas di Milano -, ci dicevamo che se i nostri esperimenti avessero salvato anche solo una persona, sarebbe stato un successo".
p.t.