Il saluto del dg D’Urso: "Lascio un’azienda sana e vocata al territorio"

A dieci giorni dalla fine dell’incarico, il dg dell’Asl ripercorre le tappe dei sei anni nella Sud Est: "Ho colto l’occasione di ulteriore crescita".

Il saluto del dg D’Urso: "Lascio un’azienda sana e vocata al territorio"

A dieci giorni dalla fine dell’incarico, il dg dell’Asl ripercorre le tappe dei sei anni nella Sud Est: "Ho colto l’occasione di ulteriore crescita".

SIENA

"Il mio incarico nell’Asl sud est è giunto quasi al termine, dopo un contratto triennale e un rinnovo della stessa durata. Non lascio l’Azienda, ma andando a scadenza naturale del mandato ho colto l’opportunità di una crescita professionale ulteriore. Devo molto a questa Asl, dirigerla e traghettarla verso ambiziosi traguardi è stata una missione, non solo un incarico": così Antonio D’Urso inizia il racconto dei quasi sei anni da direttore generale dell’Asl Sud Est, prima della partenza per Trento, di cui guiderà la sanità dal 1° dicembre.

Come è nata l’idea di Trento?

"Ho partecipato ad un bando pubblico e il mio curriculum ha suscitato l’interesse del presidente Fugatti e dell’assessore Tonina che poi mi hanno scelto per l’incarico di direttore generale dell’assessorato Salute e politiche sociali della Provincia Autonoma di Trento. Non è stata tanto l’idea di andare, quanto il desiderio di proseguire il mio impegno nei confronti del sistema sanitario nazionale in vista della scadenza del mandato in un ruolo di respiro nazionale".

Come lascia l’Asl Sud Est?

"Il percorso di sviluppo vissuto è notevole sotto molti profili; ho assunto l’incarico di direttore generale nel 2019, in una fase completamente diversa rispetto a quella attuale. Abbiamo affrontato molti cambiamenti e cambi di rotta, anche e soprattutto in rapporto all’emergenza pandemica. Lascio un’Azienda matura, con la consapevolezza che una sanità vocata al territorio sia la risposta migliore per intercettare i bisogni delle persone e di conseguenza rispettare quel principio etico di equità che è alla radice del nostro sistema sanitario. Le basi sono state gettate".

Quale il passaggio più importante?

"L’emergenza pandemica ha segnato una sorta di spartiacque tra il prima e il dopo del sistema sanitario. Abbiamo dovuto ripensare modelli, reti ospedaliere e servizi, riorganizzare posti letto, organizzare vaccinazioni su larga scala, aumentare le risorse professionali e rimodulare la risposta assistenziale. Un lavoro enorme, senza precedenti. Questo impegno extra ordinario profuso da tutti ha permesso di rispondere in maniera puntuale alla gestione dell’emergenza, ma anche di riflettere su ciò che andava migliorato. Questo è stato un passaggio importante, seguito dalla riforma dell’assistenza territoriale con la Missione 6 del Pnrr che ci vede protagonisti di un grande cambiamento che avrà un impatto concreto sulla cittadinanza in termini di servizi. L’Asl Tse è stata antesignana: abbiamo iniziato a sperimentare l’infermiere di famiglia e di comunità nel 2020 su tutto il territorio aziendale e riconvertito le ACOT (Agenzie continuità ospedale – territorio) nelle COT (Centrale operative territoriale) per rafforzare la risposta territoriale nelle zone Distretto".

E quello più difficile?

"La ricostruzione dopo la pandemia di tutto quello che l’emergenza aveva seminato lungo il percorso: paura, indeterminatezza, perdita di vite umane, lista di attesa da gestire, nuovi servizi da costruire. Il post covid è stato forse il momento più complicato perché consapevoli di dover scrivere da capo una nuova pagina".

Cosa porterà alla sanità di Trento?

"Quello che mi accingo a ricoprire è un incarico di direttore generale dell’Assessorato Salute e Politiche sociali della Provincia Autonoma e quindi a supporto tecnico direttamente dell’assessore e del presidente della Provincia anche nel rapporto con il Ministero e l’Agenzia Nazionale dei servizi sanitari. Ruolo assai diverso rispetto a quello di direttore generale di ASL e di Aziende ospedaliere che da oltre 10 anni ricopro. Lo farò con la stessa vocazione che mi accompagna da quando decisi di iscrivermi alla facoltà di Medicina e Chirurgia: mettermi al servizio del sistema sanitario pubblico. Una vocazione che sento di non aver mai tradito. Non si tratta solo di prendere decisioni e utilizzare strategie di management, ma di farsi voce di un intero sistema che chiede risposte e di riuscire a darle. Continuerò a fare questo".

Un rammarico?

"Nessun rammarico, ho lavorato fianco a fianco con una squadra di professionisti eccellenti con cui abbiamo condiviso progetti e innovazioni che continueranno a portare avanti con la stessa dedizione di sempre. A livello umano c’è sempre il dispiacere di lasciare persone con cui si è percorso un lungo tragitto insieme, fatto di strade sdrucciolevoli e in salita, ma anche di soddisfazioni e risultati importanti. Sono le vittorie e sconfitte vissute insieme a farci sentire parte di una squadra, di un’azienda, di una famiglia. Questi valori continuano a far parte di noi anche quando intraprendiamo strade diverse".

Quale sfida lascia al suo successore?

"Il sistema ci impone una Sanità sempre più complessa e innovativa: abbiamo la grande partita del Pnrr sui territori dell’Asl con l’avvio di tutti i cantieri e che nel biennio prossimo vedranno compiuta realizzazione; l’ausilio di strumenti tecnologici come la telemedicina e di nuovi servizi e strutture come le Cot, già aperte, o le Case della comunità e gli Ospedali di comunità in costruzione. Abbiamo il mantenimento degli standard di efficienza ed equità in rapporto ad una popolazione sempre più anziana, con una aspettativa di vita più lunga e quindi con bisogni di salute specifici, ma anche lo sviluppo della transizione digitale e l’efficientamento energetico. In questo contesto, gli obiettivi centrali sono due. Il primo è quello connesso al tema delle risorse professionali: occorrerà sviluppare politiche aziendali che assicurino un clima di lavoro positivo, l’attrazione di nuovi professionisti e lo sviluppo di condizioni di lavoro senza discriminazione e violenza. Il secondo è l’umanizzazione delle cure e della presa in carico delle persone sia in ospedale, che al domicilio che in una rsa, affinché nessuno si senta solo nel difficile percorso di fragilità. Sono temi centrali su cui ho sviluppato l’azione di direttore e su cui abbiamo seminato progetti. Sono convinto che questa eredità continuerà ad essere portata avanti da chi mi succederà".

Paola Tomassoni