
A Verona, a partire da oggi, saranno giorni chiave per capire come il settore potrà reagire ai dazi. A Vinitaly...
A Verona, a partire da oggi, saranno giorni chiave per capire come il settore potrà reagire ai dazi. A Vinitaly sono attesi oltre tremila buyer statunitensi che si confronteranno con gli addetti ai lavori e capire come andare avanti. "Condividiamo le preoccupazioni del settore – spiegano da Veronafiere gli organizzatori dell’evento – e per questo mettiamo a disposizione la piattaforma di Vinitaly per facilitare eventuali accordi diretti: gli Usa sono il nostro primo mercato di destinazione extra Ue". I buyer, selezionati e invitati da Veronafiere e Ice, arriveranno prevalentemente da Texas, Midwest, California, Florida e New York.
Intanto la proposta più concreta letta in queste ore agitate è arrivata da Unione Italiana Vini, praticamente gli Industriali del vino: "Serve un patto con i buyer americani per evitare l’extra-costo allo scaffale", ha dichiarato Lamberto Frescobaldi. "Il nostro mercato dovrà tagliare i propri ricavi di 323 milioni di euro all’anno su un totale al 2024 pari a 1,94 miliardi – dettaglia il produttore toscano –, pena l’uscita dal mercato per buona parte delle nostre produzioni. Perciò come Uiv siamo convinti della necessità di fare un patto tra le nostre imprese e gli alleati commerciali d’oltreoceano che più di noi traggono profitto dai vini importati; serve condividere l’onere dell’extra-costo ed evitare di riversarlo sui consumatori. Sarà difficile per molti, ma ciò che oggi spaventa ancora di più è che si ingeneri un gioco al rialzo davvero esiziale tra l’amministrazione americana e quella europea".
Tra le denominazioni collocate in zona rossa da Uiv – ovvero con esportazioni superiori al 20% verso gli Stati Uniti – ci sono anche diversi vini toscani: il Chianti Classico (46%), i rossi toscani Dop al 35%, così come il Brunello di Montalcino.
"In passato queste misure ci hanno portato a perdere fino al 50% delle esportazioni verso gli Usa – ricorda Micaela Pallini, numero uno di Federvini –. Ora rischiamo di rivivere quel trauma economico, con ripercussioni pesantissime su tutta la filiera, dalla produzione alla distribuzione, fino al consumatore finale".
"Siamo molto esposti sul mercato Usa, pari al 24% del valore totale dell’export contro il 20% della Francia e l’11% della Spagna – spiega Sergio Castelletti, segretario di Uiv –. Inoltre parecchi nostri vini hanno un prezzo medio a scaffale che rischia di subire un impatto molto forte: solo il 2% delle bottiglie tricolori vendute in America vanta un price point da vino di lusso, mentre l’80% si concentra nelle fasce “popular”, che tradotto in prezzo/partenza significa in media poco più di 4 euro al litro".
Oltre a Verona, un tavolo di confronto molto importante per la filiera sarà quello convocato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni per martedì a Roma.