Siena, 15 aprile 2022 - Un direttore di carcere intercettato abusivamente e minacciato mentre cercava di avviare un dialogo con i detenuti. Il motivo? Tentava di superare il «clima pesante», come spiegato dallo stesso direttore ai magistrati, che si respirava nel suo penitenziario, quello di San Gimignano, dopo la vicenda delle torture in cella che nel febbraio 2021 ha portato alla condanna di dieci agenti di penitenziaria. Sono questi i fatti che emergono in un'inchiesta della Procura di Firenze, condotta da carabinieri e polizia postale, e che oggi ha portato alla sospensione dal servizio per nove mesi di un ispettore della polizia penitenziaria, all'epoca dei fatti vice-ispettore. Indagato anche il comandante del carcere, un commissario capo. Sarebbe stato proprio quest'ultimo, secondo quanto avrebbero ricostruito le indagini, a riferire al direttore che i suoi colloqui con i detenuti erano stati intercettati, minacciando anche di renderli pubblici e di inviarli a un'emittente televisiva.
Gli accertamenti svolti non avrebbero permesso di stabilire chi sia stato a realizzare queste registrazioni, una cui copia è stata trovata in una chiavetta custodita nell'alloggio di servizio del commissario capo. Si tratta di audio registrati il 21 marzo dell'anno scorso, una domenica, grazie a un pc presente nella stanza del preposto alla sicurezza, dove il direttore si era recato insieme a un uomo di sua fiducia per raccogliere le lamentele dei detenuti. Un'iniziativa che non sarebbe stata ben accolta da alcuni uomini della penitenziaria: «Lei è stato ascoltato» gli avrebbe detto poi il commissario capo, aggiungendo che gli audio erano stati sentiti da tutti gli ispettori e che erano tutti pronti a fare «la guerra».
Il «clima pesante» all'interno dell'istituto sarebbe stato provocato anche dal fatto che alcune educatrici - le stesse che avevano denunciato le torture - avevano riferito di avvertire un atteggiamento di astio e di ostruzionismo da parte degli agenti della penitenziaria. Riguardo all'ispettore sospeso, per l'accusa avrebbe intercettato abusivamente almeno 165 conversazioni, tra telefonate di detenuti (almeno nove tra il 24 dicembre 2020 e l'1 gennaio 2021) e discussioni in cella (almeno 156, tra 13 e il 16 novembre 2020). I file sono stati trovati nell'hard disk del suo pc, che è stato sequestrato. Per effettuarle avrebbe usato dei materiali elettronici poi trovati in suo possesso e sequestrati. Secondo quanto emerso dall'inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Luca Tescaroli, l'uomo avrebbe avuto atteggiamenti solidali con i colleghi condannati per le torture, e a lui sarebbe da ricondurre una vera e propria attività di controllo e di spionaggio, non solo nei riguardi dei detenuti ma, viene ipotizzato, anche delle educatrici - le stesse che avevano denunciato le torture - e dei colleghi di lavoro. I reati ipotizzati a vario titolo nell'inchiesta sono quelli di abuso d'ufficio, violenza privata, accesso abusivo a sistema informatico, violazione di sigilli, intercettazione o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche. Le indagini sarebbero partite da una segnalazione della magistratura di sorveglianza.