di Laura Valdesi
PIENZA
Folgorata da una signora tedesca con il laboratorio in Val d’Orcia, in una chiesa sconsacrata, Paola Perugini confessa: "Rimasi affascinata dal luogo e dal suo lavoro". Immagine chiusa nello scrigno del cuore finché, pensando ad un’attività da svolgere, nel 2011 è arrivato il momento di aprire il cassetto dei sogni. E di realizzarli. Così è nata la bottega tessile artigiana ’Aracne’, in una delle vie laterali del corso di Pienza che trasudano storia.
"Il nome deriva da un episodio della mitologia greca secondo cui – spiega Perugini – Aracne fu trasformata in ragno dalla dea Atena dopo averla sconfitta in una sfida di tessitura". Paola è pientina doc, come l’intera famiglia. Essere nata in un luogo dove il passato e la storia vengono custoditi con amore, curati e tramandati ha certo aiutato a sviluppare la sensibilità per lavorazioni così particolari. "Siamo mosche bianche", ammette.
Non è un negozio, ribadisce l’artigiana. Ma una bottega, appunto. Dove i clienti possono vedere Paola all’opera al telaio più piccolo. In quello grande lavora suo figlio Mattia, 38 anni, che condivide con la madre questa attività dal sapore antico. "I telai sono nuovi ma il funzionamento è assolutamente tradizionale", racconta. Come del resto tutti i filati impiegati. Naturali. Dal lino al cotone, dall’alpaca alla fibra di bamboo, al mohair.
"Con Mattia ci compensiamo, io sono la creativa, lui per avere basi solide è andato a studiare progettazione del tessuto e tessitura a Firenze", aggiunge Perugini. La tecnica acquisita con il corso gli ha permesso di dare vita a creazioni personali, su intrecci e trame, e di recuperare anche disegni della tradizione delle nostre terre, come la ’tela Pienza’, rustica e raffinata allo stesso tempo, di origine medievale, formata da piccoli rombi, visibili anche sulla tavola dell’Ultima cena dipinta da Duccio di Buoninsegna nella Maestà.
Sono soprattutto i turisti stranieri ad apprezzare le lavorazioni. Dai telai nascono sciarpe e stole, persino asciugamani, cappotti e poncho. Pezzi unici. Andati a finire in negozi svizzeri e persino in Florida. "Il primo approccio a volte è faticoso per far comprendere quanto impegno e passione c’è in questi capi. Ma quando qualcuno ti scopre, diventa per sempre. Perché comprendono che il lavoro dell’artigiano è bellissimo, consente di vendere non qualcosa che hai scelto già realizzato ma un capo che esce dalle tue mani", sottolinea Paola Perugini.
Nella bottega ha accolto le telecamere della trasmissione Rai "Geo" ma anche un gruppo di extracomunitari arrivati in Italia con i barconi e accompagnati da ragazzi dell’Acli. "Ci hanno chiesto se potevamo farli avvicinare all’arte del telaio per poterli poi inserire, magari, in attività di artigianato. Vennero in sei, fra i 14 e i 17 anni. Uno del Mali apprendeva rapidamente e spiegava agli altri. Iniziammo un tappetino 30 per 40 centimetri. Che è diventato un centro su cui appoggiare il Corano, il loro modo di condividere l’esperienza comune".
Serve tempo e pazienza, come detto, per realizzare i capi. Molti su commissione. "La mattina si va veloci, il pomeriggio la stanchezza si fa sentire, ancor di più con il caldo", ammette Paola. Che nella bottega espone collane originali realizzate con gli scarti della lavorazione. "All’interno non c’è supporto, si tratta solo di filo arrotolato a mano", spiega. Un riciclo creativo.