Era dai giorni della sua vittoria al Premio Bianca Da Ponte, chi non lo conoscesse guardi il prestigioso Albo d’oro, che volevo intervistarla: mi riferisco a Isotta, al secolo Isotta Carapelli, cantautrice a cui aggiungo esitante la denominazione "senese", perché sembra quasi di voler accattivarsi il pubblico di questa città. E lei, l’attenzione, la merita oltre l’anagrafe. Sta percorrendo infatti la strada più difficile per arrivare a certi traguardi: essere se stessa.
Definirti cantautrice è abbastanza facile e scontato. Quello che mi sfugge (per fortuna) è collocarti in un genere preciso. Qualcuno aveva scritto ’romantic dark’, lo ritieni giusto? O appartiene a un passato prossimo?
"Romantic dark fa ancora parte del mio mondo musicale, prende forme diverse a seconda dei temi che intendo affrontare nei miei brani. Mi piace giocare con i contrasti, sia nei testi che nella musica, raccontare il lato più nascosto di una storia, di un’emozione. ’Dark’ si riferisce proprio alla nostra vera essenza, quella che spesso cerchiamo di nascondere. Nei miei testi intendo scarnificare l’idea che ci siamo costruiti di noi stessi per riuscire finalmente a raccontarci per quello che siamo: minuscoli… come una canzone che non si vede ma sa stravolgerci, come l’anima evanescente ma vitale". Voltandoti indietro, quali sono le esperienze a cui sei più legata?
"Grazie per questa domanda, sto rivivendo momenti bellissimi. Prima tra tutte ricordo la vittoria al Premio Bianca D’Aponte nel 2021 con ’Io’, canzone a cui sono particolarmente affezionata. É un Premio che consiglio a tutte le cantautrici che intendono fare questo nella vita. Inoltre il concerto con Marco Masini ad Agerola lo scorso agosto, dove abbiamo cantato insieme il suo brano ’Io ti volevo’. Poi sicuramente le giornate in studio a scrivere con i miei collaboratori. E, non ultimo, il live di maggio 2024 a Firenze per radio Kiss Kiss, la prima vera volta in cui sul palco mi sono sentita a casa".
Un cantautore, inteso nella maniera classica, finisce sempre per privilegiare o il testo o la musica. Come risolvi questa possibile questione?
"Non l’ho ancora risolta. Tendenzialmente preferisco partire da un’idea di testo, da una frase che inizialmente mi ha acceso. Ci sono volte che invece in studio buttiamo giù un mondo musicale e da quello ci lasciamo ispirare".
Sei da anni nel mondo dello spettacolo e quindi in quello discografico. Nella crisi dell’oggetto, nella imperante ’musica liquida’, come ti ci trovi? Con chi ti piace lavorare?
"Non è facile farsi spazio quando lo spazio non sai come e dove sia, ma c’è una forza che mi azzera l’insicurezza e mi fa continuare a cantare e cercare la mia dimensione. Adoro lavorare con autori e cantanti che fanno musica perché ne sentono un bisogno viscerale, con chi cerca appassionatamente un significato oltre la superficie. Mi ritengo fortunata perché negli anni ho conosciuto molte persone con queste caratteristiche, con le quali continuo a collaborare".
Mettere in risalto le tue capacità. Vedo autoironia in ’Mi piace il caso’, più introspezione in ’Tramontana’ e voglia di raccontarti in ’Coming out’, il divertimento di ’Limonata’. Adesso per puntare ancora più alto, cosa dobbiamo aspettarci?
"Intanto mi auguro di non deludere le aspettative. Nell’ultimo anno ho scritto tantissimo, diversi brani che amo con tutta me stessa. Ci sono collaborazioni che credo di aver aspettato da tutta la vita. Non vedo l’ora di farvele sentire e cantarle live insieme a voi!"
Massimo Biliorsi