PINO DI BLASIO
Cronaca

La diagnosi di Locatelli: "L’hub antipandemico è in una fase stagnante"

Il presidente del Consiglio superiore di sanità: "Investire in ricerca è decisivo. Un errore tagliare i fondi sulla salute. Scelte giuste puntare su Siena e Rappuoli".

La diagnosi di Locatelli: "L’hub antipandemico è in una fase stagnante"

La diagnosi di Locatelli: "L’hub antipandemico è in una fase stagnante"

"Ho conosciuto Rino Rappuoli durante la pandemia, apprezzandone virtù non comuni: qualificazione scientifica, onestà intellettuale e capacità di pensare all’interesse del Paese. Rappuoli ha la capacità di sviluppare pensieri lunghi, di essere un visionario della scienza".

Il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore della Sanità e membro del comitato scientifico del Biotecnopolo, tesse l’elogio di Rappuoli nell’ufficio del rettore Roberto Di Pietra. Prima di firmare il Libro d’onore dell’Università . Locatelli è a Siena invitato dal rettore, dalla prorettrice Donata Medaglini e dal professor Marco Ferrari, che siede con lui nel Consiglio superiore della Sanità. Parla con La Nazione prima di assistere al Palio dalle trifore di Palazzo Pubblico.

"Ritengo l’hub antipandemico - continua il professor Locatelli - un’opportunità per l’Italia da non sprecare. Bisogna sia messo nelle condizioni per lavorare al meglio per offrire una struttura in grado di rispondere ad eventuali emergenze pandemiche, ma anche di investire su vaccini e anticorpi monoclonali contro l’antibiotico resistenza".

Pensa sia una fase di passaggio per l’hub antipandemico?

"Io la definirei una fase stagnante da cui è opportuno uscire al più presto. Dotare di risorse l’hub antipandemico è prioritario. Lo stanziamento risale a due anni fa, al Governo Draghi. Furono scelte ponderate investire sul centro antipandemico a Siena e su Rappuoli. Non casuali ma giustificate dalla competenza e dalla storia della città".

Una difesa accorata, la sua.

"In Nuova Zelanda Rappuoli è considerato un eroe nazionale per i suoi vaccini anti meningite. Lui è il padre di tanti vaccini contro patologie infettive diffuse nel mondo".

Crede sempre che sia decisivo investire in ricerca?

"E’ imprescindibile investire in ricerca. Non esiste una buona assistenza se non è supportata da una grande ricerca. Che deve trovare risorse e competenze non solo da gruppi privati, ma anche da istituzioni pubbliche. Fortunatamente l’Italia in vari settori della medicina e delle Scienze della vita, ha eccellenze mondiali. Investire in ricerca vuol dire anche dare un futuro occupazionale ai giovani. Le nostre Università sono ancora tra le migliori, i ricercatori italiani occupano posizioni preminenti in centri internazionali".

E’ un momento ideale per sperare in fondi pubblici?

"Le rispondo in modo non elusivo. Il Pnrr offre delle opportunità uniche, l’ho definito una sorta di Piano Marshall per la ricerca. Non va sprecato, va valorizzato con scelte di prospettiva".

Il Governo vuole tagliare in tanti settori, sanità compresa.

"Non riesco a trovare motivazioni logiche per tagliare in sanità e ricerca. Se non vogliamo investire, ci autoescludiamo dalla competizione con altri Paesi industrializzati. Tutte le risorse in ambito accademico e private vanno messe a fattor comune per garantire a questo Paese tutto quel che serve per un futuro migliore a chi ci vive. La lezione fondamentale che la pandemia ci ha lasciato è che ogni euro investito in salute, è un euro che non va sprecato. I vaccini antiCovid hanno evitato anche che il mondo vivesse una crisi socio-economica catastrofica".

Negli anni della pandemia lei era considerato un salvatore della Patria...

"Quanto è stato fatto durante il Covid, è stato fatto con spirito di servizio. Il miglior complimento è di essere un civil servant per il Paese dove sono nato".

Cosa teme sugli stanziamenti per la sanità?

"Non possiamo trovare i miliardi che servono tagliando lì. Di fatto l’Italia spende meno degli altri Paesi in percentuali di Pil. Già oggi la spesa out of pocket in sanità, quanto spende un cittadino di tasca sua, è di 21 miliardi di euro. In Germania è 11 miliardi, in Francia 9. Tante persone rinunciano a spese sanitarie per mancanza di capacità economiche. Dobbiamo tutelare il servizio sanitario pubblico. Dal 1978 al 2019, prima del Covid, in Italia l’aspettativa media di vita è aumentata di più di 10 anni".