di Riccardo Bruni
SIENA
Dante Alighieri su Instagram. Sembrerebbe un corto circuito, ma basta seguire l’account ‘ioedante’ per capire che non è così. Lo ha creato, proprio nell’anno che celebra i sette secoli dalla morte del Sommo Poeta, una studentessa dell’Università per Stranieri di Siena, Valentina Iosco, una grande passione per Divina Commedia. Secondo anno del corso di laurea magistrale in Competenze testuali per l’insegnamento, in questo periodo si divide tra l’impegno per la sua tesi e quello per quanto sta facendo sul social network.
Dove è riuscita ad avere un’efficacia e un seguito che non sempre tante altre occasioni celebrative, fiorite per il settimo secolo dalla morte del poeta, sono riuscite a ottenere. È una questione di intuizioni.
Dov’è nata questa idea così innovativa? E perché proprio sulla piattaforma Instagram?
"Ho scelto Instagram perché mi trovo a usarlo di più rispetto agli altri social. E perché volevo lavorare con le immagini. Metto le terzine belle grandi, in modo che possano incuriosire. E lavoro con le foto".
Come fa un social incentrato sulla fotografia a diventare strumento di divulgazione letteraria?
"Si tratta di usare un linguaggio diverso. È questo che dovrebbe cambiare, quando parliamo di letteratura su Instagram. Cercare di essere diretti, dove ci si aspetta qualcosa di veloce e di facilmente fruibile".
Ed è possibile trasmettere la complessità di Dante nell’immediatezza di un social?
"Sì. Il modo che ho trovato io è di proporre piccole pillole. Nella rubrica ‘Dante in versi’, per esempio, commento la Commedia poche terzine alla volta, cercando però di scoprire tutto l’universo che è racchiuso in quei versi. I collegamenti infiniti. Tutte quelle curiosità che altrimenti, non agendo in questa maniera, inevitabilmente si perderebbero".
Com’è sviluppato questo progetto?
"Ogni settimana curo tre rubriche, quindi almeno tre post. Uno è ‘Dante in versi’, una o due terzine con commenti e interpretazioni. La seconda è ‘Costruire una lingua’, in cui cerco di far capire come l’italiano si sia evoluto nel tempo, andando a indagare da dove vengono certe parole che usiamo tutti i giorni. La terza è ‘Parole ritrovate’, strutturata tramite reels (brevi video di pochi secondi) dedicati a parole che non si sentono più. Per esempio, quando ho parlato di ‘farisaico’, usata da Mario Draghi, ho fatto 68mila visualizzazioni in pochissimo tempo. Oltre alle rubriche, poi, le varie ed eventuali".
I follower partecipano a questa operazione?
"Ogni giorno mi sento con almeno cinque o sei di loro. Mi scrivono da tutto il mondo. E così nascono discorsi, stimoli, confronti. Usano i miei post a lezione nelle scuole. Si sente il senso di comunità e di passione che ci accomuna".
Instagram è il social dove è nato il termine ‘influencer’. Può davvero esistere l’influencer culturale?
"Non lo so. Ma se andiamo alla radice del termine, quello che faccio sicuramente influenza chi mi segue. Se parlo di un libro, mi chiedono se vale la pena acquistarlo. Ho parlato di una raccolta in edicola su Dante e subito mi sono arrivati messaggi di persone che hanno iniziato a farla".