PAOLA TOMASSONI
Cronaca

La guerra dei dazi Usa: "Instabilità mai vista, gli scenari ipotizzabili"

Il professor Fabrizio Coricelli, docente Unisi ex economista del Fmi, spiega il calcolo delle tariffe e le possibili risposte di Paesi e imprese "L’unica certezza è che è iniziata la guerra commerciale con la Cina".

Il professor Fabrizio Coricelli, docente Unisi ex economista del Fmi, spiega il calcolo delle tariffe e le possibili risposte di Paesi e imprese "L’unica certezza è che è iniziata la guerra commerciale con la Cina".

Il professor Fabrizio Coricelli, docente Unisi ex economista del Fmi, spiega il calcolo delle tariffe e le possibili risposte di Paesi e imprese "L’unica certezza è che è iniziata la guerra commerciale con la Cina".

"Dopo aver sconvolto I mercati finanziari di tutto il mondo con l’introduzione di dazi a un livello mai visto nella storia del secondo dopoguerra, Trump fa marcia indietro e li congela per 90 giorni, mantenendo comunque un livello del 10% per tutti i Paesi e innalzando addirittura al 125% quelli sulla Cina, che da parte sua ha risposto imponendone al 104% sui prodotti Usa. Siamo di fronte all’inizio di un’instabilità senza precedenti e ad una mancanza di credibilità dell’amministrazione Usa. L’unica certezza è che è iniziata un’escalation della guerra commerciale con la Cina". Inizia così il professor Fabrizio Coricelli, ordinario di Economia internazionale all’Università di Siena, ex economista del Fondo monetario internazionale.

Professore, cosa sono i dazi reciproci? "I dazi sono imposte messe sulle importazioni. Ad esempio un’auto europea che costa 50mila dollari, con dazi al 10% entrerà negli Usa a 55mila dollari. Costerà quindi di più per il consumatore americano mentre nelle casse dello Stato entreranno 5mila dollari. Si parla di dazi reciproci perché sono tariffe che possono essere imposte da due Paesi in un contesto di commercio bilaterale. Al momento Trump ha annunciato dazi del 10% (di base) sulle importazioni da tutti i Paesi, cui se ne aggiungono ulteriori calcolati in base al saldo fra import ed export con ogni Paese. I dazi aggiuntivi sono ora stati congelati, con l’eccezione della Cina e il 25% sulle auto importate".

Ci spieghi il calcolo. "I dazi sono in base all’avanzo o disavanzo commerciale, ovvero al rapporto fra quanto gli Usa esportano in un dato Paese e quanto importano dallo stesso. Tale saldo viene poi diviso per le importazioni negli Usa provenienti dal Paese interessato: ne scaturisce un numero percentuale. Così si leggono i dazi che Trump aveva posto tre giorni fa: ad esempio 34% sui prodotti cinesi importati negli States; 46% sul Vietnam e 20% sui prodotti della Ue. La convinzione di Trump è che se un Paese esporta verso gli Usa più di quello che importa, danneggia la produzione e l’economia americana, per cui deve essere penalizzato. I dazi dovrebbero così andare avanti finché le importazioni non pareggiano le esportazioni del singolo Paese nei confronti degli Usa. L’Italia, ancora di più la Germania, hanno una posizione squilibrata, esportano più di quanto importano dagli Usa; però nei confronti dei Paesi Ue sono decisi dazi omogenei del 20%, ora congelati al 10%".

Come agiscono e su quali prodotti? "Su tutti, ad eccezione di farmaceutici e alcuni energetici. Il 70% delle merci importate negli Usa è soggetta a dazi. Un prodotto europeo venduto a 10 dollari, ora costerà al consumatore americano 11 dollari e tra 90 giorni probabilmente 12 dollari. Di conseguenza è molto probabile che la domanda di quel bene diminuisca e l’esportatore perda una parte di mercato e di profitto. Questo soprattutto per beni di fascia bassa, che subiscono la concorrenza di merci non soggetti a dazio o di cui si può fare a meno. L’oggetto di fascia alta, alta moda, cibi e vini pregiati, risentirà di meno della contrazione, perché meno sostituibile con prodotti locali".

L’impresa italiana esportatrice cosa può fare? "Il dazio certo è del 10%, tra 90 gironi si vedrà. L’impresa può ridurre il prezzo, perdendo parte degli introiti, cercare altri mercati, o impiantare parte di produzione negli Usa. O in futuro potrà passare per i Paesi soggetti a dazi più bassi. Ma sono oggi solo scenari ipotizzabili: c’è incertezza enorme sul mercato e nessuno al momento fa alcun passo. Sono possibili negoziazioni: l’Ue è considerata area non antagonista e può trattare. Quello che invece non ha fatto la Cina che ha subito emesso dazi sull’import dagli Usa e a sua volta Trump ha rilanciato al rialzo. Fra i due Paesi la guerra commerciale è già iniziata e sui mercati mondiali è il caos, seguito da un rimbalzo all’annuncio del congelamento dei dazi sui prodotti non cinesi".

Dunque cosa può fare l’Italia? "Le imprese sono bloccate. I Governi europei pensano invece a negoziare; o a trovare accordi di commercio libero con altri Paesi, a reindirizzare l’export verso Asia, America Latina, Canada, in una logica di cooperazione che esclude gli States. La Cina potrebbe incentivare l’ingresso dei nostri prodotti a scapito di quelli americani. Sono ipotizzabili anche dazi da emettere verso gli Usa".

Gli Usa sono ugualmente danneggiati? "Certamente i consumatori e le imprese. I dazi vanno allo Stato: il calcolo di Trump poggia sulla stima di introitare 6 trilioni di dollari in 10 anni, molto ottimistico perché si basa sull’ipotesi che le importazioni non diminuiscano con i dazi. Le imprese americane ne risentiranno: per l’Iphone la Apple acquista componenti da tutto il mondo, per cui il prezzo aumenterà del 40%. Così l’auto che incorpora componenti provenienti da una ventina di Paesi. La situazione è estremamente confusa e il danno principale in questo momento è l’incertezza su evoluzione dei dazi e risposta dei governi".