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La lezione del procuratore. Cantone: "Ecco il mio percorso"

Il procuratore Raffaele Cantone racconta agli studenti di Siena la sua carriera in magistratura, dalla passione per il diritto penale alla lotta contro la corruzione. Un esempio di ispirazione per le nuove generazioni.

Cantone all’Università di Siena

Cantone all’Università di Siena

"Non mi sono mai pentito della scelta di Giurisprudenza e poi della carriera in magistratura. Studiare diritto è stato un piacere, lo strumento di conoscenza della società", così Raffaele Cantone ieri si è raccontato alle giovani matricole dell’Università di Siena. L’attuale procuratore della Repubblica di Perugia, ieri è stato il protagonista del matricola day di Giurisprudenza con l’intervento ‘Da grande voglio fare il giurista’. Un racconto, il suo, sugli studi prima e sull’esperienza professionale poi, che, come dice il rettore Roberto Di Pietra, può essere fonte di ispirazione per chi si affaccia al percorso formativo.

In cattedra è una delle voci più alte della magistratura attuale: dopo la laurea nel 1986 alla Federico II di Napoli, nel 1991 gli inizi alla Procura di Napoli, poi la Direzione distrettuale Antimafia e l’assegnazione al Massimario della Corte di Cassazione; dal 2014 al 2019 è presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, nel 2019 il rientro in magistratura e dal 2020 è procuratore a Perugia. "Sono nato e vivo ancora in provincia di Napoli, da una famiglia della borghesia – inizia il racconto –, in un contesto particolare. In terza liceo ho maturato la decisione di fare Giurisprudenza: non ero un secchione, facevo il minimo indispensabile. Il punto di svolta negli studi è stata la vicenda di Antigone, nonostante oggi sia più vicino a Creonte: lottare per i diritti era un valore. La passione per il diritto penale è stata la spinta, mi sono laureato velocemente, il primo della classe, con una tesi sul reato impossibile. Napoli aveva un tasso di criminalità altissimo e il diritto era lo strumento, non di lotta, ma di superamento di quel mondo, una sorta di rivalsa culturale".

Dopo gli studi e la specializzazione in procedura penale, i primi passi nell’attività forense: "Ho capito ben presto che quella non era la mia professione – prosegue –, convinto della libertà intellettuale di sostenere le proprie tesi. Il mio augurio è che possiate fare il lavoro che vi piace, come è stato per me. Dopo tre anni di pratica forense, il concorso in magistratura, vinto con un tema sul diritto amministrativo. E una nuova scelta: non volevo fare il giudice ma il pubblico ministero, che ti consente di vedere le vicende a 360 gradi, di procedere senza preconcetti, in autonomia. È arrivata l’esperienza nell’Antimafia, la più bella, anche se provante: ho due figli e sono andati a scuola accompagnati dalla scorta. Il giurista oggi? Ha i piedi piantati nel passato, ma con la capacità di guardare oltre, il diritto penale internazionale è la nuova frontiera".

Paola Tomassoni