Una serata speciale quella che si è svolta sabato sera al teatro comunale di Piancastagnaio Vittorino Ricci Barbini.
Serata di riflessione dedicato al tema della Sla (Sindrome laterale amiotrofica) con al centro la storia umana e civile di Mariella Rendina, la giovane donna, madre, nonna e sposa di Piancastagnaio colpita, diversi anni fa, dalla terribile patologia che sta affrontando con grande coraggio. La sua è essenzialmente una battaglia umana e civile, una battaglia che sta combattendo con la forza delle sue parole scritte attraverso l’uso di un puntatore ottico collegato ad un personal computer, la pubblicazione di un importante libro autobiografico ’Con la Sla mi tuffo nel passato’ il coinvolgimento e la realizzazione di un’importante associazione sulla Sla nell’ Amiata, senza dimenticare la denuncia forte fatta durante una visita effettuata qualche anno fa in un centro ospedaliero della nostra provincia, appuntamento di routine, dove fu incredibilmente fatta aspettare molte ore, in barella, per il cambio di un sondino tracheale respiratorio. ’Prendiamo a calci la Sla’ , scritto e ideato da Mariella Rendina, come spettacolo in cui si sono intervallate storie, testimonianze, piccoli dialoghi, musica e tanta simpatia. Tra gli ospiti il sindaco di Piancastagnaio Franco Capocchi che ha commentato "Nonostante la malattia che da anni la affligge, Mariella Rendina, con lo spettacolo che ha regalato a tutta la popolazione di Piancastagnaio, ha voluto dare, anzi donare, un grande messaggio di gioia. Un’inno alla vita. Un messaggio di speranza nonostante le oggettive difficoltà che la malattia pone". "Mi ha colpito molto una frase di Mariella - continua il sindaco di Piancastagnaio Franco Capocchi- “ Nella mia condizione di vita sono riuscita ad avere tante soddisfazioni personali, esperienze, gioia, tanta amicizia che altrimenti non avrei avuto”". "Accanto a Mariella - ha detto ancora il sindaco Capocchi - la sua comunità che è la frazione di Casa del Corto. E il paese di Piancastagnaio con tanti volontari. Mariella è un dono per tutto il paese e per l’intera Amiata. Perché la sua vita e la lotta che ogni giorno combatte contro quella malattia che lei a volte rabbiosamente chiama la “bastarda” sono un insegnamento di grande generosità personale e civile".
Giuseppe Serafini