
di Orlando Pacchiani
L’incanto della bellezza è qua, tra la vetrata policroma di Duccio, le statue slanciate di Giovanni Pisano, la delicata Madonna col bambino del Sassetta. Protagonista al Museo dell’Opera è il dipinto, al centro di un intervento di restauro promosso dal Fai delegazione di Siena. E simbolo della capacità di investire energie e risorse sulla tutela delle nostre ricchezze culturali anche in tempi difficili come questo. Al Fai e alla sua responsabile Donatella Capresi arrivano i grazie dell’arcivescovo Augusto Paolo Lojudice, con don Enrico Grassini che segue i beni culturali, di Guido Pratesi, rettore dell’Opera del Duomo.
L’associazione, dopo il restauro del Cristo morto ai Servi, si è mossa su indicazione dello storico dell’arte Alessandro Bagnoli. Un’autorità assoluta, nel campo del patrimonio artistico senese, che tra le tante opere meritevoli di interventi di manutenzione e restauro ha individuato quella del Sassetta. "Era giusto cominciare da qui – osserva Bagnoli – perché è un’opera del pittore che nel primo Quattreocento coniuga al meglio la tradizione senese e l’innovazione fiorentina". La storia di questo dipinto è singolare. Dal Cinquecento se ne ha attestazione nella chiesa di San Giovanni Evangelista a Basciano, probabilmente un dono da parte di un committente privato. Poi a inizio ’900 viene ’scoperto’ e attribuito al Sassetta (ma per decenni se ne discute), cosa che emerge con chiarezza dopo il restauro del 1963.
Ora, dopo sessant’anni, è la volta di un nuovo approfondito intervento. "L’obiettivo è il ringiovanimento della materia con una brillantezza che ora manca", osserva il restauratore Jacopo Carli. Ci sono da togliere lo sporco e la polvere, risistemare la cornice danneggiata, ridare luce alle decorazioni del pavimento, al fondo oro, alle figure. Quello che non si potrà fare è ritoccare quel danneggiamento causato da un’infiltrazione d’acqua e, probabilmente, da un maldestro tentativo di porvi rimedio.
"Questa opera è patrimonio di tutti – ha detto l’arcivescovo Paolo Lojudice – e ringraziamo tutti coloro che hanno consentito di compiere questo passo che arricchisce l’Opera del Duomo e tutta la città". Non è stato facile completare l’operazione in un anno devastato dal Covid, dove anche per il Fai si sono complicati i passaggi per reperire i fondi necessari. "Operazioni del genere – ha detto la capo delegazione Capresi – si possono compiere solo mettendo da parte ogni personalismo e cercando di concentrare tutte le energie sull’obiettivo". Obiettivo raggiunto "grazie anche alla sua tenacia", le ha riconosciuto l’arcivescovo Lojudice.
E il rettore Pratesi ha ricordato come "la bellezza di queste opere rappresenti una continua manifestazione della fede".
Mentre il progetto procede - e dovrebbe concludersi all’inizio del prossimo anno - si guarda già al futuro. "Presto abbiamo in serbo una sorpresa, ci sono tanti interventi che meritano attenzione", ha detto Bagnoli. Certo, c’è da fare i conti con le risorse. Per quanto riguarda il Fai, la mancanza di tanti appuntamenti, visite guidate, incontri, ha ridotto la capacità di incamerare quanto necessario. "Ce l’abbiamo fatta grazie alla generosità di molte persone – sottolinea Capresi – ma anche di persone che hanno prestato la loro opera, a partire dal restauratore Carli". E un ringraziamento è andato anche al foto studio Lensini.