Storie di calcio e di tango. Di passi, tecnica, passione. Domani alle 21 il Teatro Mascagni di Chiusi apre la stagione con Federico Buffa in ‘La Milonga del Fútbol’. Il giornalista, che ha saputo reinventare lo storytelling sportivo, sarà accompagnato da Alessandro Nidi al pianoforte e dal canto di Mascia Foschi, per la regia di Pierluigi Ioro, in un affascinante viaggio narrativo nella storia di un Paese straordinario e unico, attraverso la storia di tre giocatori: Renato Cesarini, Omar Sivori e Diego Armando Maradona.
Storie potenti, intrise di romanticismo e italianità. "Raccontiamo il Novecento argentino – spiega Buffa – attraverso questi tre calciatori, di ere diverse. L’Argentina è un Paese contraddittorio, dotato di un fascino infinito. Nel corso del Novecento ha rappresentato la possibilità di ricominciare dall’altra parte del mondo, per molti europei. E il numero di Italiani che oggi vivono lì è impressionante. Questi tre giocatori, ognuno a suo modo, rappresentano questa storia".
Una storia che si riflette nell’arte, nella musica e quindi anche nel calcio, che ha così tanto in comune con il tango. "Prendi per esempio Diego Milito – racconta Buffa – ha fatto tanti gol con autentici passi di tango. Questa idea di frenare e ripartire, che è tipica del tango, ha caratterizzato tanto i calciatori argentini. E gli argentini considerano i calciatori come artisti. Forse anche per questo motivo. C’è molto dell’identità di quel Paese in questi dettagli. Un’identità ricercata a lungo, alla quale hanno sicuramente contribuito anche tutti quegli europei che sono andati là". Come il tango, il calcio raccontato in questo spettacolo appartiene a un’idea romantica, con quel tanto di malinconia che lo ammanta di bellezza, suggestioni e passione. Ma esiste ancora?
"Un allenatore di serie A – risponde Buffa – mi diceva che puoi essere anche a due ore dalla finale di Champions, ma i giocatori sono tutti al cellulare. Stanno per scendere in campo per una partita del genere, e stanno al cellulare. Poi è ovvio che ci sia meno passione in campo. E anche di tecnica oggi se ne vede meno. Se Messi e Ronaldo hanno vinto per tanti anni tutti quei palloni d’oro, vuol dire che nel frattempo non è venuto fuori molto di meglio. E anche il pallone d’oro di Rodri non è di quelli che ricorderai, perché non sono giocatori che impattano nell’immaginario popolare. Ma in questo non c’entra la nostalgia".
Riccardo Bruni