
Il Palio è ricerca di supremazia e tutto questo passa attraverso la corsa, il duello a distanza di alfieri e tamburini, ma anche nei canti guerreschi, oppure in delicati stornelli, le canzoni di un repertorio originale che appartiene alla città e alle Contrade. Il canto è un elemento che unisce, lo si impara dalla più tenera età. Gli stornelli riprendono gli antichi motivi, addolciti dall’ironia, da quella fantasia che vede una rivaleggiare con le altre. Alcuni canti sono uguali per tutti i rioni, altri invece hanno un particolare imprinting che evidenzia le caratteristiche di una Contrada. La melodia dello stornello è la stessa: uno sviluppo in due strofe con una chiusura.
Se prendiamo i versi cari a tutti i senesi: "Nella Piazza del Campo ci nasce la verbena, viva la nostra Siena… Nella Piazza del Campo ci nasce la verbena, viva la nostra Siena, la più bella delle città…" si comprende come il gioco musicale possa svilupparsi in migliaia di composizioni letterarie, alcune classiche e altre coniate per un particolare evento, offrendo una rima su un cavallo, un fantino, un Capitano.
Anche qui c’è la possibilità di dare libero sfogo alla fantasia, all’esaltazione della forza del proprio rione, al dileggio dell’avversaria. Il canto è all’unisono, composto da un incedere musicale che è particolarmente adatto allo sfilare in corteo, dove solitamente la prima strofa cantata da un gruppo più ristretto con un successivo ingresso roboante di tutti gli altri, quasi a voler spaventare, con la coesa partecipazione, le velleità degli avversari. Le cene sono un altro momento per dare libero sfogo alla voglia di cantare, al rappresentare in musica il proprio modo di essere, alla speranza di una vittoria. In molti stornelli si sottolinea che "si compra e non si vende", per mostrare l’autonomia della Contrada, mentre si ribadisce il rapporto con gli avversari con un "fate schifo alla città", ma soprattutto si offre a tutti un "e baldoria si farà", come sentenza al prossimo Palio.
Il Palio e le Contrade hanno una consistente colonna sonora, variegata e solenne e, al tempo stesso, poetica e sempre in divenire. All’esaltazione rionale, ai canti bellicosi, si contrappongono i versi più fantasiosi e delicati che vogliono raccontare anche di scorci cittadini, di panorami unici, di appassionati amori resi possibili proprio da questa particolare atmosfera. Persiste una tradizione di canti che segnano l’appartenenza, ma anche vere e proprie canzoni che accompagnano la storia di Siena, soprattutto degli ultimi cento anni. Si vuole cogliere anche l’ironia di stornelli come "Margherite’...", dedicata nientemeno che ad una regina sabauda, oppure la bellezza della vita dei campi in versi come "Oh, quant’è bello il mestier del bovaro", alla pace del rione trasformato nell’inverno in "Fiocca la neve". C’è il canto-dialogo amoroso in "Giovanottino mi piacete tanto, più che non piace il mare alla sirena…", fino all’ironia più salace di "mamma non mi mandar fuori la sera, son piccolina e non mi so guardare e i giovanotti fuori di maniera, noiosi mi potrebbero fermare…".
Massimo Biliorsi