"La resilienza? Mi ha stufato Venite, vi racconto i Capolavori"

Domani alle 18 al teatro dei Rozzi, l’ex tecnico della . Nazionale di volley si esibirà. in un ’lecture show’

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Sul palco dei Rozzi, domani alle 18, porterà una parolina maledetta. Quella da non pronunciare dopo 19 mesi di pandemia: ’contaminazione’. Lui, Mauro Berruto, 52 anni, tecnico della Nazionale italiana di pallavolo medaglia di bronzo alle Olimpiadi Londra 2012, la pronuncerà nel lecture show ‘Capolavori: allenare, allenarsi, guardare altrove’ tratto dal suo libro omonimo. Sul palco solo lui.

"E la speranza – spiega – di contaminarsi. Un termine che, per me, antropologicamente parlando, rappresenta una ricchezza: quella di confrontarsi con l’Altro ed entrare in contatto con mondi apparentemente lontani come sport, teatro e arte. Ma cercherò di farlo non in modo cattedratico, si tratta in realtà di un racconto molto ’pop’".

Ma perché spendere del tempo a vedere Berruti sul palco? Un motivo è dietro l’altra parola fiorita in era Covid che, stavolta, l’allenatore-antropologo vuole demolire: resilienza. "Dal punto di vista personale, sono sfinito di sentirla pronunciare. Resiliente è chi supera qualche tipo di difficoltà restando sempre uguale a se stesso. Il che significa non aver imparato niente da quello che ci capita. Non c’è necessità di essere resilienti, ma di essere modificati dalle cose che succedono". Il fil rouge dietro le lecture di ’Capolavori’ è proprio questo: capire che sport e arte non sono rette parallele, destinate a non sfiorarsi. "C’è un impatto emozionale molto forte, il mio compito è dimostrare che l’esercizio agli anelli di Yuri Chechi ad Atlanta ’96 vale quanto una tela di William Turner". Capirlo serve a diventare artefici del proprio ‘capolavoro’.

"Chi punta sulla resilienza è come se giocasse un po’ in difesa, difendendosi da qualcosa che gli è capitato. Invece ricordiamo che tutti i momenti evolutivi nella storia dell’umanità sono arrivati per volontà e desiderio". Berruto lo sa bene: laureato in Filosofia con specializzazione in Antropologia culturale, è diventato Ct della Nazionale di volley maschile, poi di quella di tiro con l’arco, infine anche ad della Scuola Holden di Torino. Tante vite in perpetua contaminazione.

"Non ho il pedigree dell’ex atleta campione che poi diventa allenatore: ho giocato molto poco e molto male a pallavolo. Sono diventato allenatore attraverso un giro largo e poco convenzionale. Ma questo è stato anche il mio modo di allenare". Sempre volendo essere, ma restando ’resiliente’. Una lezione che, chi vorrà, potrà ascoltare oggi dalla viva voce di Berruto alle 18 sul palco dei Rozzi, prenotandosi a [email protected].

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