PAOLA TOMASSONI
Cronaca

La ricerca in Antartide: "Due mesi di studio sulla piattaforma in mezzo ai ghiacci"

Un giovane senese nel team internazionale rientrato dal Polo sud. L’obiettivo della spedizione è raccogliere i sedimenti della calotta. per valutare il possibile innalzamento del livello degli oceani.

Un giovane senese nel team internazionale rientrato dal Polo sud. L’obiettivo della spedizione è raccogliere i sedimenti della calotta. per valutare il possibile innalzamento del livello degli oceani.

Un giovane senese nel team internazionale rientrato dal Polo sud. L’obiettivo della spedizione è raccogliere i sedimenti della calotta. per valutare il possibile innalzamento del livello degli oceani.

Luca Zurli, giovane assegnista di ricerca del Dipartimento di Scienze fisiche della Terra e dell’ambiente dell’Università di Siena, è appena rientrato da una spedizione scientifica che con un team di ricerca internazionale l’ha portato nell’angolo più remoto del pianeta, nella Calotta glaciale dell’Antartide occidentale. "Un’esperienza inimmaginabile e irripetibile" , dice il 31enne ricercatore della provincia di Siena: "Siamo partiti a metà novembre e tornati da poco, a metà gennaio. Il team era di 26 persone, fra scienziati, personale della logistica e tecnici della perforazione. Vivi in un accampamento su una piattaforma di ghiaccio, lontano da tutto, fatto di tende per dormire, una cucina da campo e strumentazione varia. In questo momento la giornata di luce dura 24 ore, pertanto ti addormenti solo coprendo gli occhi e non è facile".

Un’esperienza di ricerca, e di vita contemporaneamente, ai confini del mondo: l’Università di Siena ha preso parte così al progetto denominato SWAIS2C (Sensitivity of the west Antarctic ice sheet to 2 degrees Celsius of warming), insieme ad altri enti di ricerca di 13 Paesi, compreso il Museo nazionale dell’Antartide, che con Sonia Sandroni della sezione di Siena ha avuto il compito di studiare le carote di sedimenti estratte nel corso della spedizione ‘on-ice’ in Antartide, cui ha invece preso parte Luca Zurli. Obiettivo dell’ambiziosa missione scientifica era ottenere dei record geologici di estrema importanza per stimare l’innalzamento futuro del livello degli oceani in caso di fusione del ghiaccio. Una possibilità non più così remota: "Il progetto – spiega Zurli – mira a raccogliere record geologici dei sedimenti marini in modo da capire la stratificazione di ciò che c’è sotto la calotta glaciale. Sotto i ghiacci è ‘nascosta’ la memoria di ciò che è accaduto nel passato e questo studio mira a prevedere cosa potrebbe accadere in futuro, ovvero di quanto potrebbe alzarsi il livello degli oceani. In pratica abbiamo perforato il ghiaccio, raggiunto i fondali marini sottostanti ed estratto carote di sedimento, che saranno ora studiate".

Comprendere quale temperatura innescherà un‘inevitabile fusione della Piattaforma di Ross - sito della spedizione antartica - e il possibile collasso della Calotta Glaciale Antartica Occidentale è cruciale per l’intera umanità. Sulla carta questa era l’impresa: perforare circa 580 metri di ghiaccio, scendere ulteriori 55 metri nel fondo dell’oceano e successivamente utilizzare un sistema di perforazione progettato su misura per prelevare una carota di sedimenti fino a 200 metri di profondità. Il campione di sedimenti da recuperare potrebbe risalire a centinaia di migliaia, se non milioni, di anni fa, con informazioni sull’ultimo periodo interglaciale avvenuto 125.000 anni fa, quando il pianeta era circa 1.5°C più caldo delle temperature pre-industriali. La Piattaforma di Ross è la più grande piattaforma di ghiaccio sulla Terra e il campo di ricerca è stato allestito a 1.128 chilometri di distanza dalla base più vicina, la Base Scott della Nuova Zelanda.

Paola Tomassoni