
Simone Casati, presidente del Gamps di Scandicci, dov’è custodito il reperto del pesce luna scoperto in Val d’Orcia
PIENZA (Siena)La terra della Toscana continua a regalare grandi sorprese a livello paleontologico. Sorprese e conferme al tempo stesso: non è la prima volta, infatti, che tornano alla luce testimonianze di vita e di habitat risalenti a milioni di anni fa. E così ora si scopre che nel mare che a quel tempo ricopriva l’attuale Val d’Orcia (Siena) nuotava anche il pesce luna, pesce osseo più grande al mondo che può raggiungere una lunghezza di circa 3 metri e un peso di oltre 2,5 tonnellate, con un corpo appiattito e una grande testa rotonda.
È tutto rivelato da uno studio, pubblicato sulla rivista Neues Jahrbuch fur Geologie und Palaontologie, condotto dal professor Alberto Collareta del dipartimento di Scienze della terra dell’Università di Pisa, su un fossile rinvenuto a Pienza da Simone Casati, presidente dell’associazione di paleontologia Gamps che ora lo custodisce nel suo museo a Scandicci (Firenze). Il reperto, risalente a quattro milioni di anni fa, riguarda il becco di un gimnodonte, ovvero un pesce oceanico (Tetraodontiformes Molidae), noto appunto come pesce luna. Il becco fossile trovato a Pienza, appartenente a un esemplare giovanile, rappresenta, si spiega, "l’unico ritrovamento post-Miocene di Molidae nel Bacino del Mar Mediterraneo e il primo rinvenuto nel Vecchio Mondo. L’area del ritrovamento, che in epoche preistoriche ospitava una baia riparata vicino alla costa, caratterizzata da acque relativamente profonde, corrisponde perfettamente all’habitat preferito dai pesci luna che ancora oggi popolano ambienti simili. Le analisi paleoclimatiche e paleoceanografiche suggeriscono che, durante il Pliocene inferiore, intorno a 4 milioni di anni fa, le acque marine della zona offrivano condizioni favorevoli per questi animali, rendendo la regione un’importante area di interesse scientifico per lo studio delle dinamiche ecologiche marine di epoche remote".
Lo studio ha evidenziato l’importanza di questo ritrovamento. "Questa scoperta non solo amplia il nostro bagaglio di conoscenze, ma offre anche una prospettiva unica sulle analogie tra gli ambienti marini di epoche passate e quelli odierni", commenta Collareta."Il reperto - spiega Casati - è custodito al Gamps di Scandicci, insieme con numerosi altri fossili che, grazie alle moderne tecniche di geolocalizzazione, offrono agli studiosi e al grande pubblico la possibilità di affacciarsi a una finestra con vista sugli antichi ecosistemi marini del Pliocene inferiore del Mar Mediterraneo".