di Diego MancusoÈ l’unico italiano in un gruppo di 26 scienziati, ricercatori e tecnici che sta lavorando sulla piattaforma di ghiaccio di Ross, nell’Antartide, a 800 chilometri dalle basi più vicine. Domenica compirà 31 anni (è dunque giovanissimo), è ricercatore all’Università di Siena, che partecipa al progetto internazionale SWAIS2C per la raccolta di dati sui cambiamenti climatici, attraverso lo studio della ‘memoria’ geologica dei sedimenti antartici, ed è aggregato alla spedizione, che batte bandiera neozelandese, per conto dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Stiamo parlando di Luca Zurli, geologo di Montepulciano Stazione, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di scienze fisiche, della terra e dell’ambiente dell’ateneo senese. Una dettagliata carta d’identità per far comprendere la complessità, il fascino ed il prestigio della missione che Zurli sta svolgendo in uno dei luoghi più remoti, inaccessibili e inospitali della Terra. Eppure Luca, che ha già all’attivo esperienze in Tasmania, Corea del Sud e Stati Uniti, ma è al debutto al Polo Sud, risponde alle nostre domande, grazie alla connessione internet che fa parte dei confort concessi dalla spartana vita nel campo, con tono leggero ed allegro, segno evidente che sta facendo qualcosa che gli piace molto. "L’obiettivo del progetto SWAIS2C – racconta Zurli – è studiare il ‘record geologico’ per comprendere come le calotte antartiche hanno reagito quando il clima ha raggiunto condizioni analoghe a quelle previste per il prossimo futuro". Come spiegano gli scienziati, se la calotta glaciale antartica occidentale, a causa del riscaldamento globale, dovesse fondersi completamente, il livello dei mari si potrebbe innalzare di 4 o 5 metri, con conseguenze catastrofiche per l’umanità. Ma temperature più calde si sono registrate, per esempio, anche 125.000 anni fa: capire come in quelle circostanze reagirono i ghiacci diventa dunque fondamentale. Si procede allora con perforazioni ad oltre 800 metri di profondità (di cui 580 di ghiaccio) e si analizzano i sedimenti, contenenti informazioni sul comportamento della materia; e quest’ultima è proprio la specialità di Zurli. "Qui le temperature sono solitamente al di sotto dello 0 – prosegue il geologo – ma a fare la differenza è il vento, che cambia molto la percezione del freddo. Alcune delle tende dove si svolgono le attività sono riscaldate ma (e qui la sorpresa si fa grande, n.d.r.) non quelle in cui dormiamo: per affrontare queste condizioni estreme, siamo dotati di appositi sacchi a pelo". E per capire quanto sia remota la località dove ora si trova, Luca ci racconta il viaggio: "Prima bisogna raggiungere Christcurch, in Nuova Zelanda, da dove partono i voli per l’Antartide; sono almeno altre cinque ore di viaggio, con il rischio ‘boomerang’ ovvero di dover tornare indietro se cambiano le condizioni meteo: a noi una volta è capitato, ci vuole spirito di adattamento".
CronacaLa sfida di Zurli al Polo sud: "Studio la memoria geologica. Svela come incide il clima"