Ieri pomeriggio ha preso il volo per New York, dove sarà protagonista dell’iniziativa Heart of Tuscany, collegata alla mostra ’Siena: The art of painting’ al Metropolitan Museum in procinto di chiudere a fine mese, prima di trasferirsi a Londra. Roberto Guiggiani, docente di evoluzione dei mercati turistici alla Fondazione Campus e impegnato nel settore da una vita, spiega intanto il senso di quell’iniziativa, che prende spunto dalla mostra itinerante sui capolavori dell’arte senese trecentesca.
"Il 17 e 23 gennaio a New York terremo due incontri sul filo dell’unione tra cultura e turismo – spiega Guiggiani, poco prima di salire sull’aereo per gli Stati Uniti –. L’idea di base è che Siena può diventare base per tutte le destinazioni che riguardano la Toscana del sud, cogliendo quindi l’occasione per un’accoglienza che si allunghi a tre-quattro giorni. Siena sarà anche isolata sul fronte dei trasporti, ma è centrale per tanti itinerari, come quelli sacri e storici, o destinazioni, come quelle enogastronomiche". Siena può dunque essere, come usa dirsi oggi, un hub turistico che fa leva sulle ricchezze della città e di tutto il territorio: "Bisogna sviluppare le strutture e una rete di rapporti per costruire operazioni culturali, ma Siena ha tutte le carte in regola per farlo".
Partendo magari dalla sua notorietà planetaria, su cui hanno più volte acceso i riflettori il grande cinema e le imprese, gli enti o associazioni (come Ance adesso) per le proprie campagne promozionali. Con quali ritorni? "La vetrina è importante – osserva Guiggiani – ma da sola non basta. Le immagini dello spot devono cioè essere supportate da un’accoglienza coerente e all’altezza, da una strategia mirata. Altrimenti i tempi della comunicazione sono così veloci che lo spot rischia di non lasciare niente".
A cosa pensa in particolare?
"A tutto ciò che crea quella che si può definire buona economia. Servizi turistici, ospitalità, ma anche artigianato espressione del territorio".
Qui per anni si sono riversate tantissime persone per vedere il Mulino bianco dal vero...
"E non è di fatto rimasto niente. Ma non è l’unico caso: qualche anno fa il castello di Agliè, in provincia di Torino, diventò mèta di migliaia di turisti, perché ospitava le riprese della fiction Elisa di Rivombrosa. Finita la fiction e la fiammata di quegli anni, se ne è quasi persa la memoria".
E allora cosa si dovrebbe fare: un esempio virtuoso?
"Dalle nostre parti la Valdorcia, che insieme alle bellezze ambientali e storiche, ha trasformato in un’occasione la ribalta cinematografica e televisiva. Hanno saputo cogliere l’occasione. Penso al lavoro di tutta l’area ma anche a quello di comuni come San Quirico o Pienza".
Dopo venticinque anni l’immagine di Russel Crowe che sfiora il grano circola ancora sui social ed è associata alle bellezze del territorio. Perché secondo lei?
"Non solo per la bellezza del territorio, ma anche perché quell’operazione è stata supportata. Russel Crowe non ha girato l’immagine in quel posto, ma in post produzione. Però se vai su google maps trovi il puntatore sulla villa del Gladiatore e intorno si sono sviluppate attività. È l’esempio di un lavoro che deve essere fatto per rilanciare la notorietà di un’immagine".
Orlando Pacchiani