
Oggi in Italia mancano 60mila infermieri, nel 2030 il gap mondiale sarà di 18milioni
"Insieme ai medici siamo la spina dorsale della sanità pubblica. Negli anni Covid l’importanza della professione infermieristica è emersa in modo lampante, accompagnata dal sicuro sbocco occupazionale, eppure il calo delle iscrizioni ai corsi di laurea non si è fermato", dice Francesco D’Ambrosio, dal novembre scorso presidente dell’Opi, Ordine delle professioni infermieristiche di Siena.
Perché? "La professione soffre carenza di attrattività. E’ un problema nazionale, oggi mancano 60mila infermieri in Italia e il ministro Schillaci ha proposto anche l’ingresso di infermieri dall’estero per sopperire alle mancanze nele nostre strutture pubbliche. Il problema riguarda anche la realtà locale: l’Ordine senese ha quasi 1.900 iscritti e più della metà, un migliaio, hanno più di 50 anni. I giovani che si iscrivono al corso univesitario sono sempre meno, pertanto il turnover è difficile e di questo passo non assicurabile".
Una professione dal lavoro sicuro e immediato eppure non attrattiva? "Abbiamo incontrato i vertici di AouSenese e Asl Sud Est per capire i piani delle due Aziende e le prospettive. Il problema principale probabilmente è di natura economica: fra gli infermieri toscani abbiamo il primato delle retribuzioni più basse. Il gap economico in realtà potrebbe essere superato dal riconoscimento professionale e di carriera, invece rispetto anche ai medici, con cui lavoriamo in equipe, il percorso di carriera non è equiparato, non sono riconosciuti ruoli di coordinamento o di professionista esperto".
Immagino che anche lo stress incida? "Turni di 24 ore con i pazienti non sono facili, la professione è usurante anche se non è formalmente riconosciuta tale. Non è attrattiva anche perché comporta alta responsabilità, impegno fisico e morale, con retribuzione non adeguata".
Quali soluzioni? "Possiamo migliorare l’attrattività della professione valorizzando i nostri iscritti: quindi offrendo corsi di formazione e aggiornamento, ambienti di lavoro sani, sicuri e di alto livello. E naturalmene con riconoscimenti sociali ed economici. Il Ministero ha annunciato percorsi di formazione dedicati, ad esempio in area clinica, grazie ai quali saranno formati professionisti sempre più di alto livello".
Le prossime sfide? "Un aspetto centrale dell’impegno dell’Ordine è rafforzare il rapporto con la cittadinanza. Tra le priorità del mandato ci sono la promozione di iniziative culturali nel settore sanitario e la sensibilizzazione dei cittadini sull’importanza dell’assistenza personalizzata; collaborazione con le istituzioni formative per diffondere una cultura della cura e della salute; valorizzazione delle buone pratiche locali ed esperienze positive sul territorio, contrastando la visione esclusivamente quantitativa e sterile delle performance sanitarie. Infine rapporti stretti e collaborativi con l’Università per formazione continua e aggiornamento. E con le Aziende: alle Scotte il dg Barretta è già molto impegnato sul fronte del benessere organizzativo".
Iniziatve specifiche? "Vogliamo potenziare l’OPI itinerante, per garantire la presenza dell’Ordine nelle aree più periferiche della provincia e sviluppare l’OPI Giovani, progetto pensato per sostenere i neolaureati e promuovere la professione nelle scuole. Inoltre, lavoreremo per rappresentare gli interessi degli infermieri nelle sedi istituzionali, valorizzando il loro contributo alla salute pubblica e alla qualità dell’assistenza sanitaria".
Paola Tomassoni