
L’attrice Cinzia Leone intervistata dalla giornalista de La Nazione Cristina Belvedere
Inconscio e arte al centro della riscoperta di sé dopo la malattia. L’attrice Cinzia Leone è stata ospite d’eccezione per la giornata dedicata a ‘L’arte che cura’ dell’edizione 2025 degli ’Stati generali della salute’.
Nel dialogo con la giornalista de La Nazione Cristina Belvedere ha commosso e ispirato il pubblico in sala con la sua storia e la forza delle proprie idee, frutto di anni di laceranti scavi interiori.
Leone infatti ha lottato a lungo con la malattia, che l’ha colpita con un aneurisma cerebrale congenito e un ictus, che le hanno causato emiparesi, quando si trovava all’apice della sua carriera artistica, nel 1991, e da cui è riuscita a guarire completamente solo dopo molti anni di cure riabilitative.
"Dobbiamo riconoscere la sofferenza per provare a riprendere il controllo, non nel senso ansioso del termine, ma nel senso di indirizzarla - ha spiegato Cinzia Leone -. Dobbiamo fare tutto il possibile per affrontarla e, se riusciamo, sconfiggerla. Io stessa ho dovuto lavorare su di me, cercando di capire perché il mio aneurisma si fosse rotto proprio nel momento in cui ero al massimo del successo. È stato il caso? Sfortuna? O forse la mia paura? Avevo un successo che non mi sentivo in grado di sostenere. L’ho affrontato nel 2010, quando ho scritto lo spettacolo: ‘Mamma sei sempre nei miei pensieri. Spostati’".
Durante il talk si è parlato della difficoltà di imparare a ricostruirsi e riconoscersi diversi dopo una malattia, e dell’importanza dell’arte come strumento di auto elaborazione e auto-aiuto.
"La ricostruzione della mia identità è stata un percorso lungo e difficile - ha confessato l’attrice -. Per molto tempo ho cercato di tornare a essere quella di prima, ma è stato un errore: quella persona non esisteva più. È stato un processo durato anni, non giorni. E anche ora, quando parlo, dico cose che scopro nel momento stesso in cui le dico. L’energia interiore è la somma delle nostre capacità, comprese quelle psichiche. Dobbiamo imparare a controllarla, a spingere l’energia del dolore verso la liberazione".
E per farlo l’arte può essere un prezioso alleato e compagno di viaggio.
"L’arte rappresenta il rapporto esistenziale che ogni essere umano ha con la vita e con le malattie, che sono, secondo me, una profonda espressione del nostro dibattito interiore - ha detto l’attrice -. Il dolore deve essere accompagnato, sostenuto. Serve un supporto psicologico. Vorrei vedere la terapia artistica presente in tutti gli ospedali, non solo per chi è malato, ma anche per chi ogni giorno affronta il dolore altrui: terapeuti, medici, infermieri. E per tutti quelli che convivono con una malattia come il tumore".
Per Cinzia Leone è stato il teatro, ma la pittura, la scultura, la musica, la danza e non solo, possono essere un potente mezzo di auto aiuto per tutti.
"Per me l’arte è l’unico modo di comunicare. In questo senso impersonifica la necessità di toccare gli altri - ha spiegato l’attrice -. E non significa raccontare la propria storia, ma trasmettere l’emozione che le parole portano con sé. Un’emozione che cura chi le dice e, a volte, anche chi le ascolta. Soprattutto se si tratta di parole vere, sincere, in grado di raccontare le contraddizioni della vita".
Una toccante testimonianza di forza fondamentale per dare ancora più valore ad una giornata così intensa e profonda che ha coinvolto tante persone.