
Giulio Sardone, 27 anni, dopo la laurea in Agribusiness all’Università di Siena, ora lavora nella Napa Valley
Lo spauracchio dei dazi e una grande opportunità di lavoro, l’avventura negli Stati Uniti e uno sguardo sul futuro. Giulio Sardone, quasi 27 anni, parla dalla California, dove è brand ambassador nella sala dei membri al Castello di Amorosa, la riproduzione di un maniero del XIV secolo a Calistoga, nel cuore della Napa Valley. Qui ha costruito la sua vita. A Siena si divideva tra gli amici del Liceo classico, la sua Contrada, la Tartuca, il grande amore per il calcio. E poi la passione per le aziende vitivinicole, culminata con la laurea in Agribuisness all’Università di Siena. Padre, da poco, e marito di Kelsey adesso ha davanti un roseo futuro in terra americana.
Ed è da qui che si può osservare, da una visuale privilegiata, la prospettiva dei dazi. "La decisione dell’amministrazione Trump di avviare una guerra commerciale con il mondo non sembra essere accolta con entusiasmo dalle persone che incontro quotidianamente negli Stati Uniti – afferma –. In California, stato storicamente democratico, non sono mancati i sostenitori di Trump. Molti di loro, pur soddisfatti delle politiche sull’immigrazione, si aspettavano benefici economici più immediati, come tagli fiscali o incentivi. Invece, è la fascia medio-bassa a trovarsi ora in difficoltà".
E per l’Italia quali conseguenze ipotizza con i dazi?
"Sarebbero sicuramente un duro colpo nell’immediato, ma potrebbero anche rivelarsi un’opportunità per chi saprà leggere la situazione con lungimiranza. Se il costo del vino italiano negli Usa aumenterà troppo, potrebbe crescere l’interesse degli americani a scoprire i nostri prodotti in Italia, favorendo un incremento del turismo enogastronomico nei prossimi anni".
Cosa dovrebbero fare allora le aziende italiane?
"È fondamentale che investano nella qualità dell’ospitalità e nelle esperienze di degustazione, trasformando le cantine in destinazioni turistiche sempre più attrattive. Piuttosto che subire passivamente questa situazione, potremmo coglierla come un’opportunità per rafforzare il legame tra il vino e il territorio".
Ripartiamo dall’inizio: una volta uscito dal Liceo cosa ha pensato, quali erano i suoi piani?
"Il mio primo obiettivo era indirizzarmi verso un settore che mi potesse appassionare, permettermi di viaggiare e, allo stesso tempo, garantire la possibilità di trovare lavoro nell’immediato. Ero già appassionato del territorio, soprattutto del mondo del vino. E la mia decisione è ricaduta sul corso di laurea in Agribusiness, sotto consiglio di mio padre".
Cosa le ha dato questo corso?
"L’opportunità di acquisire conoscenze su temi disparati. Inoltre, mi ha offerto esperienze pratiche e connessioni che si sono rivelate fondamentali, permettendomi di entrare in contatto con esperti del settore e di sviluppare una rete di relazioni che utilizzo anche nel lavoro".
Da dove si è sviluppata questa passione?
"Dalla mia frequentazione di Montalcino, per merito di uno dei miei migliori amici, Edoardo Losappio, che ho conosciuto al Liceo. Edoardo, futuro enologo e proprietario della splendida Villa Le Prata, mi ha aperto le porte del mondo vitivinicolo con il supporto e la guida della sua famiglia. Merito anche al mio amico Tommaso Biagiotti e a suo padre Luca, che mi hanno trasmesso la loro passione".
Quanto è stato difficile adattarsi al mondo americano?
"Quando sono partito per la California, avevo lacune linguistiche e questa è stata la sfida più grande all’inizio. Tuttavia, grazie a una forte motivazione e, soprattutto, all’incontro con mia moglie Kelsey, il miglioramento è stato naturale e rapido. Qui ho trovato una comunità sana di ragazzi provenienti da tutto il mondo, ora ho legami con amici che vengono dalla Francia, dal Brasile, dal Cile ecc...".
Qual è la sfida principale?
"Il mondo lavorativo americano è estremamente competitivo ma meritocratico. Ad oggi, ho un lavoro che alla mia età mi ha permesso di partire da zero e di godere di un’indipendenza economica che mi ha dato la possibilità di mettere su famiglia. Non sono certo che in Italia avrei avuto le stesse opportunità".
Dove si vede tra dieci anni?
"Quattro anni fa non avrei mai immaginato di trasferirmi, lavorare, sposarmi e diventare padre in California, così lontano da casa. Si possono fare tutti i piani e programmi che si vuole, ma alla fine ci sono delle persone, degli episodi e delle circostanze che ti portano su strade che non avevi previsto. Mio padre mi ha sempre detto di rimanere ‘in area di rigore’, perché se gioco nella mia metà campo è difficile segnare. E credo che sia un approccio che mi sto portando dietro anche nel lavoro, concentrandomi sulle opportunità che ho davanti e cercando di sfruttarle al meglio".