Siena, 29 novembre 2020 - La prima fase Covid ci ha rinchiuso in casa col lockdown, la seconda ci ha chiesto di convivere col virus: abbiamo superato la prova? "Penso proprio di sì. Il nostro stile di vita è cambiato radicalmente e ci siamo adattati in modo relativamente rapido ai necessari cambiamenti di abitudini e alle conseguenti rinunce", dice il professor Andrea Fagiolini, docente universitario e direttore della Psichiatria alle Scotte.
Come è andata? "Credo che ogni sacrificio sia stato meritevole di essere fatto, perché l’alternativa non era tra libertà o semi reclusione, scuole aperte o chiuse, Natale in famiglia o in solitudine, piste da sci o no. L’alternativa era tra continuare questi enormi e pesanti sacrifici o continuare a vedere morire le persone più fragili e indifese. La scelta, dunque, è tra libertà subito e più virus e morti a gennaio-febbraio, o enormi sacrifici adesso e maggiore libertà, con più persone in vita, appena arriva il vaccino. Nel frattempo, abbiamo però anche imparato a proteggerci meglio. A non rinunciare a tutto".
Quale la differenza fra prima e ora, in termini di impatto psicologico? "All’inizio, c’era molta paura. Paura verso un virus sconosciuto e quindi più temibile. Oggi c’è più depressione. Tristezza per la riduzione dei contatti fisici e degli stimoli sociali, per le disastrose conseguenze economiche del virus e per tutte le altre difficoltà che questa situazione ci ha imposto".
C’è stato ricorso alla psichiatria per affrontare il virus? "C’è stato un netto aumento delle persone che ci chiedono aiuto. Persone che erano già in cura, hanno avuto bisogno di più visite e di maggiori interventi per disturbi depressivi e di ansia, soprattutto. Ma abbiamo visto anche molte persone che non conoscevamo prima e che non avrebbero mai conosciuto la psichiatria e psicologia senza questo virus e che, purtroppo, hanno risentito di questa condizione di stress protratto. Soprattutto molte persone con insonnia, ansia o depressione".
La paura condizionerà il nostro futuro? "È previsto un aumento delle malattie mentali, sia come esito del trauma subito in questo periodo che delle sue conseguenze. Credo però che, se riusciamo a resistere controllando i contagi, una volta arrivata la primavera e il vaccino, avremo anche tanta voglia di recuperare tutto quello che abbiamo perso, e questo sarà un motore di rinascita e guarigione".
Ha collaborato con le equipe multidisciplinari Covid? "Abbiamo fatto un uso massivo di telemedicina, scoprendo una tecnica estremamente efficace. Una visita in tele-chiamata o anche una semplice visita per telefono, se fatta bene ha un effetto eccellente, senza ansia e timori da parte del paziente o dell’operatore sanitario e con la possibilità di guardarsi mentre si parla, senza mascherina. Credo che faremo largo uso di queste tecniche anche dopo il Covid".
Consigli per andare avanti?
"Tenere presente che i sacrifici di oggi sono temporanei, che per fortuna siamo vicini alla soluzione e che non dobbiamo abbassare la guardia. Contemporane amente, cercare di mantenere tutte le cose che possono essere mantenute. Avere più contatti possibile attraverso il telefono o le piattaforme di comunicazione. Ricordarsi di cercare (per telefono) gli amici, le persone più anziane. Fare attività fisica. Mantenere una routine, anche quando si debba stare a casa la maggior parte del giorno. Restare aperti agli altri, cercare cioè di mantenere, incentivare o ritrovare la solidarietà".