Il primo e fondamentale insegnamento delle generazioni che ci hanno preceduto era quello sul rapporto fra amore contradaiolo e cittadino. "Prima vengono le Contrade nel senso più stretto di una comunità che si ritrova nella parola senesità. E solo dopo l’appartenenza ai propri colori", soltanto così possiamo trovare il giusto equilibrio per tutta la nostra vita di appassionati e fortunati "habitatori" di questo originale microcosmo. Non identifico oggi questa massima con molte persone, anzi, è quasi una rarità. Uno di questi è sicuramente Lorenzo Bassi, qui ritratto da Augusto Mattioli negli anni Novanta con il fantino Giuseppe Pes detto il Pes, in giorni prolifici per il rione di Pantaneto.
Priore del Leocorno dal 1991 al 1998, praticamente il decennio novanta, il che poi storicamente significa non "solo" vittorie sul Campo, ma un arco di tempo fondamentale per la crescita della Contrada, che anche per merito suo è apparsa alla città sempre ordinata e con fondamentali passaggi di consegne, di ristrutturazioni, di iniziative che hanno portato la città fra le mura di quei locali che soltanto trent’anni prima sembravano un lontano miraggio. Finito il mandato resta il senese e poi il contradaiolo. Lorenzo Bassi ha poi costruito iniziative che avessero come spunto il Leocorno, la finalità la Contrada. Non voglio perdermi in tediosi elenchi, meglio citare il suo contributo ad esempio a "La bandiera dei lecaioli", da un progetto di Marco Bracali ed Ernesto Campanini. Lui, da alfiere di piazza, coordina un bel progetto che comprende un significativo video e che parte dal dopoguerra ed arriva ad oggi attraverso l’eleganza e lo stile degli alfieri, mettendo insieme generazioni, il che è la cosa più importante da fare in Contrada.
Proprio con la stessa fierezza e grazia di chi "gira" sul tufo, Bassi fa della bandiera la metafora di vita, dell’originalità della Festa, del senso di comunità che assorbe altre figure come le preziose bandieraie. La storia è la memoria di un popolo, Tutto questo come fa Bassi, senza fronzoli o retorica, guardando al futuro con il coraggio delle proprie idee, a costo di essere talvolta scomodo o non compreso. Ci insegna che la nostra memoria è una particolare combinazione di memoria individuale e collettiva. Sono strettamente intrecciate fra di loro. La storia è memoria collettiva: quando viene rubata o riscritta non siamo più in grado di sapere chi siamo.
Massimo Biliorsi