Sarà che alla fine contagiava anche gli avversari politici, quello "stile monaciano" tradotto nel "leggendario gusto nella trattativa fino allo sfinimento inesorabile dei tuoi interlocutori" in una lettera traboccante affetto e nostalgia di Erasmo d’Angelis, che con lui condivise avventure politiche e consiliari. Ma certo ieri nella chiesa della Santissima Annunziata si è celebrato qualcosa di più del funerale di un uomo rimpianto prima di tutto dai suoi affetti più cari. Alberto Monaci ha lasciato "una traccia indelebile nella storia della Regione, sempre da senese", come ha sottolineato il presidente Eugenio Giani. Ma soprattutto sembra aver lasciato il rimpianto (anche in chi lo avversava) per una politica diversa da quella urlata e frenetica di questi tempi troppo social e poco sociali.
Si avverte dalle tantissime presenze politico-istituzionali, oltre ai tanti amici e cittadini. Certi di tralasciare qualcuno, c’erano, oltre a Giani con il gonfalone listato a lutto, il presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo, l’ex presidente Rossi (che sorride quando ricordano le infinite trattative con ’Albertone’), ex consiglieri regionali come Mauro Ricci, Dario Parrini, Angelo Pollina, Roberto Benedetti, il suo storico staff in Regione con Francesco Pacini, Gonario Nieddu, Francesco Di Costanzo. E ancora il sindaco Nicoletta Fabio, Rosy Bindi, l’ex sindaco Maurizio Cenni, il direttore dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese Antonio Barretta, Carlo Rossi presidente della Fondazione Mps, Gabriello Mancini, Pierpaolo Fiorenzani, Stefano Bruzzesi responsabile regionale enti locali del Pd, i consiglieri comunali Marco Falorni, Lorenza Bondi, Francesca Cesareo.
E tanti messaggi: da Simone Guerrini, stretto collaboratore al Quirinale del presidente della Repubblica Mattarella, all’assessore regionale Ciuoffo. Questo per dire che la mobilitazione per salutare un protagonista di decenni della vita politica cittadina è stata altissima. Per lui che se ne è andato tra i simboli amati: sulla bara la bandiera dela Democrazia cristiana e una copia della Costituzione, simbolo del suo amore per la politica. E accanto il gonfalone della Regione e il paggio dell’Oca con la bandiera listata a lutto, con le commosse parole di don Gaetano Rutilo a ricordare una lunga amicizia. "Alberto era un vero cristiano, questo ci aiuta in un momento che è di dolore ma anche di speranza", ha detto dall’altare.
E al termine della cerimonia hanno parlato in tanti, per ricordare quell’uomo dal "cuore di latta ma dal cervello d’acciao", come lo ha tratteggiato Alessandro Pinciani, figlio della moglie Anna Gioia che lo piange come un padre, anzi due: Alberto e "il Monaci", guida politica per lui come per tanti altri. Ai ricordi commossi e intimi dei figli, si sommano quelli degli amici che intrecciano la tensione emotiva e quel cordone politico che in qualche modo si è allungato fino a oggi. "Ha incarnato lo stile dei cattolici democratici e popolari", ha detto Giuseppe Fioroni che è stato deputato e ministro. Ricordando anche lui quell’estenuante tensione alla "trattativa, ma sempre per trovare un cemento e una colla che tenesse insieme le coalizioni".
Anche "stando ore a limare una virgola", come testimonia con profonda commozione Raffaella Senesi, ex sindaco di Monteriggioni che ha condiviso con lui un lungo percorso. "Ci siamo trovati nel 1965 e non ci siamo più lasciati, a ogni problema dava la risposta migliore possibile e più onesta", ricorda Gabriello Mancini. È l’ultimo saluto a Monaci. Mentre, è sicuro ancora d’Angelis nella lettera, "stai trattando in queste ore le condizioni migliori per la tua nuova vita". In "stile monaciano".