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Macellerie. Guerre atroci e paci ambigue. Siegmund Ginzberg a Palazzo Patrizi

Il libro sarà presentato oggi alle 17,30 su iniziativa dell’Accademia degli Intronati e del circolo ’Episteme’

Siegmund Ginzberg sarà oggi ospite dell’Accademia degli Intronati

Siegmund Ginzberg sarà oggi ospite dell’Accademia degli Intronati

Siegmund Ginzberg è stato uno degli inviati speciali che sono spediti qua e là a seguire una rivolta, a informarci sull’andamento di una lunga guerra, a verificare l’imminenza di uno scontro probabile. È nato a Istanbul nel 1948, da madre sefardita e padre askenazita. Immigrarono a Milano negli anni Cinquanta. Dopo gli studi in filosofia intraprese l’attività giornalistica. Fu inviato e corrispondente in Iran, Cina, India, Giappone, Coree, New York e poi Parigi.

Ha pubblicato “Sindrome 1933” (2019): analogie che fanno venir l’orticaria. Da Feltrinelli è uscito “Macellerie. Guerre atroci e paci ambigue”. La definizione di giornalista gli sta stretta. Il libro che presenterà, su iniziativa dell’Accademia degli Intronati e del circolo “Episteme”, nella giornata di oggi alle 17,30 a Palazzo Patrizi (via di Città,75) è costruito con un astuto montaggio.

Ognuno dei quattordici capitoli è introdotto da un esergo, talvolta più di uno, ricavato da testi che abbiamo letto distrattamente. In “Sballottati, deportati” trascrive dal Machiavelli dei “Discorsi”: "Filippo di Macedonia tramutava gli uomini di provincia in provincia. Come e’mandriani tramutano le mandre loro". E oggi le deportazioni perpetrate non destano angoscia? Giulio Cesare nel “De bello gallico”: "I belgi fanno giuramento contro Roma e si sanno scambiando ostaggi tra loro".

"Il paradosso – commenta l’autore – è che gli ostaggi dell’antichità erano strumenti di pace, garanzie, prima che prigionieri nemici": in ciò siamo peggiorati. Sulle guerre civili: "Nessuno deve ricordare i torti subiti in passato, né incolpare gli altri", scriveva Aristotele. Oggi è tutto un “rivangare il passato”.

Le riflessioni che insorgono sono di due tipi. O si finisce per pensare che nulla cambia: un’amara constatazione di un’invincibile continuità. Oppure si conclude che bisogna voltar pagina, ora che stiamo sull’orlo dell’Apocalisse. Sarà compito di Pino di Blasio provocare Ginzberg spingendolo a collegare/confrontare passato e presente. E il pubblico porrà insidiosi quesiti.

Roberto Barzanti