di Laura Valdesi
SIENA
"Un passo importante il tribunale, verso quello che è giusto. Non chiedo denaro ma solo che paghi per come mi ha trattato". Non c’è rancore nella voce della donna che ha denunciato il marito per maltrattamenti e lesioni. "Siamo ancora sposati – aggiunge – perché non ha firmato la separazione. L’avvocato ha lavorato tanto per ridarmi la libertà, a livello psicologico pesa ancora molto essere in qualche modo legata a lui", osserva quando l’udienza davanti al gup Sonia Caravelli è appena terminata. "Non c’era alcuna pretesa economica ma chiedevamo solo che prendesse atto che la separazione avveniva per le situazioni di cui si parla, al di là che avesse fatto o meno certe cose. Attenderemo la fine del procedimento e poi faremo la giudiziale", annuncia l’avvocato Manfredi Biotti che tutela la donna. Che ha 41 anni e vive nella nostra provincia.
Che effetto fa trovarsi in aula?
"Un obiettivo. Grida la fame di giustizia, dopo un periodo molto difficile. Ho provato una solitudine devastante".
Di che tipo?
"Anche istituzionale. Io e i miei figli non siamo stati ascoltati. Ho provato a chiamare, a cercare soluzioni. Rifiutavano addirittura le telefonate. Eppure lavoravo in un esercizio pubblico del paese dove vivevo. Sono stata lasciata in balia degli eventi. Avevo paura anche per i figli che, per fortuna, non sono i suoi. Non solo una donna deve lottare per cercare di salvare un briciolo di quello che ha costruito ma c’è stata anche la sofferenza di gridare aiuto e di non essere ascoltata da chi forse doveva garantire almeno un sostegno morale".
Non le hanno creduto?
"Pochissimi amici, quei pochi che fanno la differenza".
Ha trovato la forza di denunciare.
"Credo che ci siano delle guerre che vanno fatte solo e semplicemente perché è giusto. Credo nel coraggio e nella dignità anche se ero rimasta senza lavoro e senza casa, essendo dovuta scappare".
La famiglia è stata importante?
"Mi ha sostenuto, per quanto poteva. Lo stesso ha fatto il padre dei miei figli che ci prestò subito soccorso quando dissi ’scappo perché ho paura’. Ha messo in tutela i ragazzi e anche la loro madre".
La sua vicenda ha colpito, in particolare l’umiliazione che, a suo dire, ha subito: spinta nella cuccia del cane, costretta a camminare nuda in strada, solo con slip e canottiera.
"Mi prese per i capelli, trascinandomi fuori. Mi ordinò di mettermi a quattro zampe, si è stato così...."
Eravate stai seguiti da una psicologa di coppia.
"Ascoltati da una dottoressa a cui dissi che non volevo continuare una relazione così perché i campanelli di allarme diventano poi problemi reali".
Ha trovato un lavoro?
"Ho creato un centro di ascolto per donne in difficoltà ma ancora, economicamente, ho tanto da lavorare. Mi arrangio. In realtà sono state un po’ le donne a scegliermi quando ero intrappolata in casa e nessuno mi ascoltava sono uscita sui social, con un nome diverso".
Ha detto ’no’ alla struttura protetta.
"Sarei dovuta andare a Pisa e i miei figli probabilmente in una casa famiglia. Lontana dai pochi amici e dai miei cari. Così ho detto ’cercherò di salvarmi da sola’. Non era la strada giusta per me, avrebbe distrutto ancora di più la vita".
Cosa dice a chi si trova nelle sue condizioni?
"Sono una di loro. La differenza è che purtroppo tantissime preferiscono prendere un calcio piuttosto che affrontare l’uragano. Le capisco ma sono sfide a cui non si può rinunciare".
Cosa dice ai due figli riguardo ai rapporti con le donne?
"Serve rispetto avendo anche una mamma in questa situazione".
Mai avuto paura di morire?
"Su quella ho lavorato tantissimo con la psicologa, ti resta appiccicata addosso. Un trauma che mi porterò dietro ma una volta che l’hai guardata in faccia ti trasforma in soldato in combattimento".