
Il gup Sonia Caravelli
di Laura Valdesi
SIENA
L’aveva umiliata. Costretta persino ad uscire in strada con i soli indumenti intimi, imponendole di mettersi nella cuccia del cane. A quattro zampe. Afferrandola per i capelli. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso, già colmo di dolore e di denigrazioni. Aveva denunciato il marito, allontanandosi da casa. Quindici giorni di prognosi le erano stati dati all’ospedale. Da allora la donna senese, passo dopo passo, con tenacia e determinazione, si è fatta forza per tornare a rimettere insieme i cocci della sua esistenza. Grazie all’aiuto dei figli, di una psicologa e dell’avvocato Manfredi Biotti che ha seguito il suo delicato caso in tribunale su cui ieri il gup Sonia Caravelli ha scritto la parola fine. L’uomo voleva patteggiare ma gli è stato negato. Così ha scelto il rito abbreviato venendo condannato a 2 anni e 4 mesi in quanto sono state confermate le accuse di maltrattamenti aggravati dalla presenza dei figli minori e di lesioni da parte del marito, formalmente non ancora ex. "La pena è stata convertita in 1700 ore di lavori di pubblica utilità che svolgerà presso la Misericordia di un comune del Valdarno aretino", conferma l’avvocato Leonardo Paterniti che difende l’imputato. "Fra novanta giorni il deposito delle motivazioni alla luce del quale valuteremo un eventuale appello", conclude. "Ci sono una serie di prescrizioni che tutelano la persona offesa – tiene a sottolineare Manfredi Biotti, legale della donna – fra cui l’imposizione del divieto di avvicinamento, deve restare ad almeno 500 metri di distanza dalla mia assistita. Oltre, fra l’altro, al ritiro del passaporto, al divieto di uscire dalla regione Toscana". E conclude: "Finalmente abbiamo ottenuto , oltre che un po’ di giustizia per le condotte da cui è scaturita la condanna, anche una tutela minima con l’applicazione della misura che a nostro parere doveva essere emessa un po’ prima. Ma è un mezzo di tutela anche perché l’eventuale mancato rispetto delle prescrizioni comporta la revoca del beneficio della pena sostitutiva . E la conseguente esecuzione della condanna. Se non altro la parte offesa avrà un margine di serenità diverso rispetto a quello attuale. E’ stato messo un punto a questa brutta vicenda e adesso si cambia vita", dice rivolto alla donna appena uscita dall’aula. Non è mai mancata alle udienze, diventando una sorta di simbolo del riscatto delle donne maltrattate. Trovando il coraggio di raccontare a ’Storie italiane’ la sua odissea, senza nascondersi. Mettendoci la faccia. Proprio come ha fatto ieri in tribunale. "Un evento importante per me la chiusura di questo percorso. Sono felice di essere stata creduta, il giudice ha riconosciuto quello che ho passato. Finora non ero stata tutelata", spiega. L’unico pensiero che ho è di andare dai miei figli, abbracciarli e raccontare tutto. Stare con la famiglia. Mi sento per un attimo leggera, questa sofferenza è stata ripagata. E adesso volto pagina", confessa commossa. "Se rifarei tutto? Una bella domanda, la risposta dentro di me è un po’ combattuta. Sicuramente è la strada più giusta quella della denuncia perché altrimenti non potremmo mai cambiare niente. Non è solo una lotta per noi stesse ma per tutte. Rifarei il percorso – sostiene – , anche se doloroso e faticoso. Con la speranza che si possano cambiare alcune cose anche all’interno dei tribunali".