L’approdo della vertenza senese sulla testate nazionali, l’idea che proprio da qui possa esplodere il caso Beko, "la più grande crisi industriali del nostro Paese", dice il senatore Pd Silvio Franceschelli, al netto - sottolinea - di quanto potrà succedere per il settore auto. La mobilitazione continua, anche se i timori che il risultato della partita sia già scritto serpeggia qui davanti ai cancelli dello stabilimento. Vuoto, per l’ennesima tornata di cassa integrazione che si spezzerà il primo dicembre. Poi al lavoro dal 2 al 16, prima di tornare di nuovo in cassa, a contare i giorni che passano e scrutare un orizzonte sempre più fosco. Lunedì mattina si tornerà in piazza, "per coinvolgere sempre di più la città", viene detto durante il presidio alla presenza del governatore Giani. Ritrovo alle 9 alla Lizza, poi corteo fino a piazza Salimbeni dove si terrà il comizio, quindi il tavolo convocato dalla presidente della Provincia Agnese Carletti, al quale sono chiamati tutti i sindaci, i rappresentanti istituzionali e quelli politici. "Questa è una crisi che tocca tutto il territorio – dice Carletti –, perciò è giusto coinvolgere tutti gli attori". Servirà a fare il punto della situazione sugli sviluppi del confronto in vista del nuovo tavolo ministeriale programmato per il 10 dicembre. Nel mezzo, probabilmente giovedì 28, dovrebbe tenersi una nuova assemblea dei lavoratori. "Chiederemo che vengano in aula il ministro Urso e anche la presidente del Consiglio Meloni – ha detto ancora Franceschelli – perché non possono fare melina su un tema come questo. Il Governo doveva pretendere garanzie al momento del passaggio di proprietà e ora deve intervenire".
Ieri, ad accogliere Giani, oltre a Franceschelli e Carletti, erano presenti altri esponenti del centrosinistra: i sindaci Giuseppe Gugliotti, Gabriele Berni, Luciana Bartaletti, la consigliera regionale Anna Paris, la consigliera comunale Anna Ferretti. E naturalmente i lavoratori e i sindacalisti. "Fiom sempre presente", dice un operaio a Giani che indica la tuta rossa d’ordinanza. Cgil, Cisl, Uil, Cobas: le bandiere sventolano sopra lo striscione all’ingresso dello stabilimento, mute testimoni della mobilitazione a oltranza di fronte allo scenario della dismissione entro la fine del 2025.
Dai livelli sindacali regionali vengono rilanciate forti preoccuopazioni. "A Siena trecento posti di lavoro messi in strada rischiano di creare una vera e propria bomba sociale", sottolinea Rossano Rossi, segretario generale della Cgil Toscana. "In Toscana rischiamo di assistere all’ennesimo scempio attuato da una multinazionale, che acquisisce una realtà produttiva e poi decide di chiuderla, in modo brutale e senza nessuna disponibilità di salvezza per nessuno. È necessaria una mobilitazione di tutte le forze della nostra regione, non possiamo continuare ad essere terra di conquista e assistere alla desertificazione del nostro tessuto produttivo", affermano la segretaria generale Cisl Toscana, Silvia Russo, e la segretaria generale Fim-Cisl Toscana, Flavia Capilli.
Saranno giorni, settimane, mesi lunghissimi, a meno che non si riesca a invertire la rotta di marcia. Qui si riconosce l’importanza dell’iniziativa della Regione, che aveva stanziato un milione di euro per la formazione dei dipendenti Beko, vincolando la somma all’accettazione del Piano industriali. Soldi che ora potrebbero servire, ma per una riconversione totale. "Attivatevi per trovare nuovi investitori", dice un operaio a Giani. Il futuro è ancora tutto da scrivere. E non sarà facile.
Orlando Pacchiani