Nella topografia del cuore di tanti senesi, il 4 settembre ha sempre un significato speciale. Magari diluito dal tempo, oppure costellato di meravigliose imprecisione storiche, ma è sempre una sorta di antropologicamente coerente rivendicazione di uno spirito di sospirata autonomia. Si insegna ai piccoli il senso di una mitologica battaglia, si adopera la fiaba a sostegno della storia, perfino i fantasmi che (ancora e sempre) vi aleggiano urlanti.
Ma che significato può avere oggi questa leggendaria battaglia? Lasciate le remore duecentesche ai puri nostalgici, che non ci portano da nessuna parte, lo scontro del 4 settembre possiede una serie di elementi storici assai utili per decifrare il presente, risolvere il futuro. Scrive lo storico Balestracci, nello splendido ’La battaglia di Montaperti’ (Laterza) che lo scenario è la Toscana, anzi, coinvolge il papa, l’Impero, il Regno di Sicilia e la politica che Manfredi mette in atto nel quadrante mediterraneo.
Insomma, potremmo essere sempre più importanti, e determinanti, di quello che ci può apparire. Montaperti è oggi lo spirito che ci fa ribellare ad un’isola felice che non lo è da tempo, o molto più probabilmente, non lo è mai stata, di cui restano solo le disgrazie dell’isola, ovvero essere fuori dalle grandi vie di comunicazione, dal tessuto industriale più avanzato, dai progetti più lungimiranti della nuova Europa, dove anche l’immagine della bellezza stenta a decollare, a essere riconosciuta.
Montaperti è un sognato, e auspicato troppo a lungo, colpo di coda dei senesi nei confronti del resto del mondo. Una battaglia persa? Probabilmente sì, ma che ci sia almeno l’onore delle armi. Cambiano nel tempo i poteri centrali ma l’isola resta quella che non c’è. Che almeno a Montaperti il grido si alzi forte in cielo.