E venne il giorno in cui il sindaco dichiarò la fine di un progetto, di un’idea che ha sempre avuto sfumate certezze. Il Museo del Palio, o la Galleria o come la volete chiamare, non si farà. Almeno nei prossimi anni, il che significa spegnere ogni possibilità, ma anche ogni ambizione, di mettere nomi e cognomi contemporanei a questo progetto, una sorta di Duomo Nuovo mai costruito, di cui non si è nemmeno visto un facciatone. Eutanasia di un mito, già, perché così resterà alla storia. Ma i miti sono qualcosa di sognante, di bellezza sfumata e qui probabilmente di grandi c’erano solo i propositi, gli obiettivi. Così il Palio si racconterà solo in Piazza, dal vivo, oppure nelle parole, oltre che nei mezzi di comunicazione. Non ci saranno pareti adibite al racconto, forse proprio perché i senesi non amano cristallizzare i loro sogni che dal settecento hanno preso forma, sostanza e regole. Il Sindaco ha ragione nel chiudere un progetto che sarebbe costato soldi ma soprattutto sarebbe finito per essere una autocelebrazione, la brama di pochi nell’indifferenza di molti. La parola Museo è di per sé una sconfitta del presente: c’è uno spazio espositivo degli etruschi perché gli etruschi, misteriosamente, sono scomparsi, c’è un museo sul risorgimento perché questa epoca si è conclusa. Si è vero, c’è il museo sul cinema e sul calcio, ma il rischio è rendere proprio "hollywoodiano" ciò che è vita quotidiana. Un rischio non indifferente soprattutto se gestito da chi ha a cuore lo spettacolo e il business. E poi il ruolo delle Contrade quale doveva essere? Attori principali ma senza la possibilità di intervenire? Insomma, una pistola fumante che sarebbe passata di mano in mano, di governo in governo. Un volo senza rete con ignoti trapezisti. Comunque la si pensi il sindaco ha chiuso la faccenda. Si dice sull’eutanasia che è compito del medico prolungare la vita ma non di prolungare l’atto della morte. E mi sembra che il primo cittadino abbia agito in questa direzione: stop alle chiacchiere, ai desideri, a questi ciclici sogni di vedersi appesi ad un muro e vedere quanto siamo bravi. All’autocelebrazione. E dopo questo stop ragioniamo su quello che davvero manca. Che non è uno strappo di biglietto ma un laboratorio, anche nascosto, casomai con una sala di proiezione. Che è poi un’altra cosa. Un laboratorio dove ricercare, recuperare, proteggere, conservare immagini filmiche, fotografie su oltre cent’anni di Palio. Questo è ancora necessario, questo farebbe bene più che alla Festa alla comunità senese, perché potrebbe far crescere generazioni di tecnici, sceneggiatori, operatori che sono costretti a lasciare la città. Per un lavoro anche oscuro quanto quotidiano che ci permetta di aprire decine di archivi sparsi nel mondo che nascondono immagini e filmati sulla città e sul Palio. Ma per questo la spinta deve necessariamente venire dal basso, dalle stesse Contrade, che devono sentire proprie queste istanze di ricerca ma anche di salvaguardia. Intanto permetteteci un respiro di sollievo, il Duomo Nuovo non si costruirà: non ci saranno fastose cerimonie di inaugurazione con diciassette paggi e foto di gruppo. La storia dei nostri ultimi vent’anni dovrebbe moderare se non spegnere la nostra ambizione.
Massimo Biliorsi